Comunicazione
Cos’è il Design Thinking? Risponde il professor Ivan Montis
28 Gennaio 2022
Cos’è il Design Thinking e per quale motivo se ne parla? Lo abbiamo chiesto in un’intervista esclusiva al professor Ivan Montis. Questa metodologia dall’approccio innovativo si sta diffondendo nelle imprese italiane, soprattutto in seguito alla trasformazione digitale. Si tratta di un modello progettuale utilizzato per risolvere problemi complessi impiegando una visione e una gestione creative.
Design Thinking: un metodo rivoluzionario
La metodologia del Design Thinking aumenta la capacità delle aziende di prendere decisioni efficaci e redditizie, sfruttando il coinvolgimento di vari interlocutori. Lo fa mettendo diversi team nelle condizioni di sviluppare il pensiero creativo attraverso squadre che procedono dalla comprensione del problema sino all’individuazione di nuove potenziali soluzioni.
Qual è dunque l’utilità del Design Thinking?
Ne abbiamo parlato con il professor Ivan Montis, General manager di San Paolo Digital s.r.l e docente del corso “Design Thinking e Progettazione di Siti Web” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Intervista al Professor Ivan Montis, docente di Design Thinking presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
- Buongiorno professor Montis, grazie per la sua disponibilità. Se le fa piacere possiamo iniziare ripercorrendo la sua carriera sino a come è avvenuto il primo approccio con il Design Thinking.
Il mio primo approccio con il Design Thinking è avvenuto presso la D.School di Stanford a Palo Alto, fondata da David Kelley proprio con l’obiettivo di diffondere lo studio e l’uso del Design Thinking: la metodologia da lui sviluppata e perfezionata nella sua società Ideo. Ideo è una delle agenzie di design più note e famose al mondo ed è stata l’artefice di prodotti di grande successo per aziende come Apple – per la quale svilupparono il primo mouse – Ford e Coca-Cola. Dopo quel primo contatto ho proseguito specializzandomi nella metodologia e iniziando a proporla presso i corsi del master in Digital Communication Specialist dell’Università Cattolica. La proposta ha avuto grande successo al punto che l’Università Cattolica ha deciso di rinominare il mio corso: “Design Thinking e Progettazione di Siti Web”.
- Una breve spiegazione teorica. In cosa consiste il Design Thinking e com’è strutturato?
Il Design Thinking è una metodologia pensata per l’ideazione e progettazione di prodotti, servizi e, oggi, nuovi modelli di business che si basa su due aspetti fondamentali: da una parte un approccio Human Centric, che affronta qualunque problema partendo dalle persone e dalle loro esigenze, anche quelle inespresse. Dall’altra prevede la partecipazione attiva di un team di persone che non siano necessariamente esperte del tema oggetto dell’intervento, ma che abbiano desiderio di mettersi in gioco e che possano portare un contributo di rilievo proprio perché hanno una prospettiva nuova e non limitata. In questo senso il Design Thinking è una metodologia ottima quando si vuole creare qualcosa disruptive e totalmente innovativo.
Una questione di metodo
- Quali ritiene siano i vantaggi derivati da questo metodo di lavoro nel mondo digitale?
I vantaggi derivati dal Design Thinking sono molteplici. Uno di questi sicuramente è il fatto che aiuta i designer a calarsi nel mondo reale delle persone e quindi a evitare di sviluppare applicazioni magari ottime dal punto di vista tecnico, ma farraginose o poco utilizzabili dall’utente reale. Altro punto importante è che adotta un principio di reiterazione del processo di design e di prototipazione che aiutano a sviluppare servizi e applicazioni molto innovative riducendo tuttavia il rischio di bassa accettazione o rifiuto da parte dell’utente e quindi, in ultima analisi, il rischio economico di fallimento dell’intero progetto.
- Il Design Thinking è nato in America, è stato codificato proprio dall’università Stanford, in California, nei primi anni duemila. Abbiamo ancora molto da imparare dai paesi esteri, oppure in Italia il Design Thinking si sta sviluppando seguendo una diversa prospettiva?
Un punto di partenza molto utile per conoscere il grado e il tipo di adozione in Italia del Design Thinking è il lavoro svolto in questi ultimi anni dall’Osservatorio Design Thinking for Business del Politecnico di Milano. Io non credo che in Italia chi si sta occupando professionalmente di Design Thinking lo stia facendo in maniera molto diversa che in altri Paesi. Anche perché lo sviluppo della metodologia prende spunto dalle esperienze svolte a livello internazionale. Semmai vedo una difficoltà a proporre questa metodologia in quanto paradossalmente noi italiani ci riteniamo, e in molti casi lo siamo, molto creativi. Siamo ancora forse troppo legati al modello di Leonardo e del genio che da solo inventa qualcosa di stupefacente. Ecco, il modello vincente oggi non è il genio singolo ma il team, e il Design Thinking è una metodologia che aiuta a creare team che innovano con successo.
Il Design Thinking nell’approccio universitario
- Cosa insegna ai suoi studenti durante il corso di Design Thinking all’università? Crede che le nuove generazioni siano avvantaggiate nell’approcciarsi a questo metodo?
Insegno a utilizzare alcuni degli strumenti del metodo e a metterli in pratica, per valutare la capacità degli studenti di creare e lavorare in team in modo proficuo. Il primo approccio a questo metodo non passa attraverso studi teorici, ma per la prova sul campo. Certo se poi si vuol crescere e diventare un formatore e un esperto del metodo occorre studiare e approfondire. Io non credo che il fatto di essere giovani sia un vantaggio particolare, forse solo il fatto che quando si è giovani si è più disponibili a mettersi in gioco e sperimentare. Ma anche chi è più maturo può sfruttare molto bene questo metodo, anzi in alcuni casi ha un bagaglio di esperienza maggiore che può essere molto fertile.
- Durante i suoi corsi universitari ha modo di interfacciarsi quotidianamente con nuove generazioni di studenti, di interagire con loro e cogliere i loro obiettivi, le loro ambizioni, le loro idee. Quali risorse vede nei giovani d’oggi?
I giovani d’oggi vivono il digitale con molta più naturalezza. Quando ho iniziato a insegnare dovevo spiegare agli studenti come accendere un computer, oggi devo imporgli di spegnerlo! Ma fuor di battuta, il problema è che la maggiore dimestichezza con le applicazioni digitali talora fa perdere alle nuove generazioni la distanza critica da questi strumenti. Viene meno la comprensione di come alcune logiche sottostanti alla tecnologia possano essere un limite alla nostra libertà. Non è un discorso retrogrado, tutt’altro: per conoscere a fondo la tecnologia e sfruttarla al meglio occorre fare un passo indietro e guardarla in prospettiva. Per il resto, nei giovani d’oggi trovo molta voglia di sperimentare e mettersi in gioco, più che nelle generazioni precedenti.
Uno sguardo al futuro secondo il docente di Design Thinking Ivan Montis
- Concludiamo con uno sguardo alle prospettive future. A quali nuovi studi intende dedicarsi?
La parola del 2022 è Blockchain, ormai questa tecnologia si sta smarcando da pregiudizi e dalle incomprensioni che finora l’hanno accompagnata. Sta passando a una fase più matura in cui sarà una delle impalcature portanti del Metaverso e di quanto ormai molti stanno iniziando a chiamare con il nome di Web3. Ecco, questo è uno dei territori che mi troverò ad attraversare ed esplorare nel mio prossimo futuro.
Un argomento molto interessante e di estrema attualità. D’altronde, c’è chi ha già individuato nel Metaverso la strada per un nuovo Rinascimento creativo. A tal proposito ricordiamo che L’Eco della stampa è da sempre attento alle nuove trasformazioni della rivoluzione digitale offrendo servizi di media monitoring pensati ad hoc per le aziende che vogliono migliorare la strategia comunicativa del proprio brand.
Un grazie speciale al professor Ivan Montis per la sua analisi lucida e rigorosa della trasformazione digitale in atto, seguiremo con interesse i suoi prossimi studi.