Giornalismo
Filter Bubble ed Echo Chamber. L’informazione ai tempi dei Social Network
27 Luglio 2021
L’informazione sta cambiando. Ormai è sotto gli occhi di tutti: la fruizione online delle notizie fa parte della nostra quotidianità, mentre l’utilizzo di fonti cartacee appare sempre in maggior calo.
Nel 2021 secondo il Digital News Report elaborato dal Reuters Institute solo il 18% delle persone afferma di acquistare con frequenza settimanale giornali o quotidiani. Cresce inoltre esponenzialmente la fascia di popolazione che si informa tramite i social network – Facebook, Instagram e Twitter in primis –, soprattutto i giovani di età compresa tra i 14 e i 35 anni.
Di fronte a questa impennata della diffusione dei social media come unico canale accreditato di informazione squilla inevitabilmente un campanello d’allarme.
Si parla spesso di “disintermediazione” per definire la mancanza di quel media tradizionale che agisce da verifica sull’informazione in base a regole professionali precise. In assenza di un monitoraggio corretto dei nuovi canali digitali – offerto da realtà leader del settore – il dilagare delle fake news, le cosiddette “notizie false”, è una conseguenza inevitabile.
Filter bubble ed echo chamber: cosa sono e come riconoscerle
È bene ricordare che ogni notizia apparsa sui social network, alla pari di immagini, contenuti e commenti, non è casuale ma filtrata da algoritmi. Ci sono infatti meccanismi ben identificabili che si celano dietro l’infodemia – la diffusione di news diventata virale al pari di una pandemia – che attanaglia i nostri tempi, ed è bene riconoscerli e sdoganarli per non esserne prigionieri.
Si tratta delle filter bubbles e delle echo chambers, traducibili in italiano come “bolle di filtraggio” e “camere dell’eco”. Questi fenomeni sono per certi versi molto simili, ma non devono essere confusi.
Il termine “filter bubble” è stato coniato dallo studioso americano Eli Pariser che nel libro “Filter Bubble: What The Internet Is Hiding From You” (Penguin Group, 2011) definiva con il termine omonimo gli ecosistemi informativi personalizzati generati da algoritmi. Questi algoritmi, sulla base delle preferenze precedentemente accordate dall’utente, tendono a proporre contenuti simili a quanto di suo gradimento.
La filter bubble è quindi uno spazio personalizzato che ci mostra solo ciò che vogliamo vedere: motivo per cui i nostri social network appaiono allineati ai nostri interessi. L’algoritmo memorizza le nostre preferenze e ce le ripropone in un ciclo continuo difficile da scardinare.
La cosiddetta echo chamber, la camera dell’eco, è invece una diretta conseguenza delle filter bubbles: un meccanismo per cui incontriamo solo informazioni coerenti con le nostre visioni, su qualsiasi argomento dalla moda, allo sport, alla politica.
Rafforzata dalla bolla di filtraggio, la echo chamber è un sistema chiuso e impermeabile a idee differenti. Le opinioni, all’interno della camera dell’eco, vengono in tal modo rinforzate dalla ripetizione.
La comfort zone creata dai social network
In pratica i social network creano una comfort zone su misura d’utente: ciascuno di noi vive nella propria personale isola felice, convinto di essere connesso con una pluralità di individui e informazioni, mentre in realtà gli algoritmi continuano a riproporgli una visione narcisistica di sé stesso amplificata nel riflesso altrui.
Sui canali social i contenuti ci vengono proposti per assonanza e similarità, riflettono le preferenze accordate dai nostri «like» e non l’effettiva visione del mondo. Questo fenomeno, apparentemente innocuo, può avere conseguenze rischiose soprattutto se associato alla sfera intellettuale e culturale degli individui. Se non leggiamo informazioni che mettano in discussione le nostre idee non saremo conseguentemente mai portati a cambiarle. Inoltre sono proprio le filter bubbles e le echo chambers i motori alla base della diffusione dilagante delle temute «fake news».
L’informazione nell’era della Post-verità
Nel 2016 l’Oxford Dictionaries eleggeva “Post-truth”, Post-verità, parola dell’anno portando alla ribalta un problema su cui ci si interrogava già da tempo. Viviamo in un’epoca in cui l’oggettività dei fatti è diventata di secondaria importanza a fronte del loro impatto emozionale o della loro implicita aderenza alle nostre convinzioni.
All’interno delle echo chambers possono quindi rafforzarsi anche credenze errate e formarsi di conseguenza nuove forme di costruzione del consenso. È esattamente quanto accaduto per la Brexit in Gran Bretagna e per l’elezione di Donald Trump in America. I fenomeni sono stati analizzati da studiosi, scienziati e giornalisti che hanno posto una lente di ingrandimento su post e articoli «fake» condivisi con un effetto rimbalzo sulle bacheche social di milioni di persone.
«È così che oggi si costruiscono le campagne elettorali», ha osservato la giornalista Carole Cadwalladr in conclusione di un pezzo pubblicato sul The Observer.
Riconoscere le echo chambers
Torniamo dunque al punto di partenza: i social network sono uno straordinario strumento di informazione, ma per essere tale devono venir utilizzati con pensiero critico e consapevolezza.
Non è facile rendersi conto di essere intrappolati in una echo chamber poiché questo spazio digitale fa leva su meccanismi psicologici radicati nella mente dell’individuo. Primo tra tutti il “bisogno di appartenenza”, la necessità di far parte di un gruppo che caratterizza tutti gli esseri umani e ci induce a esprimere opinioni e giudizi dinnanzi a una platea a noi affine. In secondo luogo, ciò che gli studiosi hanno definito “confirmation bias”, il pregiudizio di conferma, cioè quel bisogno di ottenere l’approvazione dell’altro e l’appoggio alle nostre idee e prese di posizione.
La echo chamber bandisce le opinioni contrarie alle nostre, ci protegge dal contatto-scontro con l’alterità che può essere causa di stress o paura: di fatto, ci gratifica, proprio per questo motivo risulta difficile prendere coscienza della trappola ideologica in cui siamo calati.
Filter bubble: come far scoppiare la bolla di filtraggio
Saper selezionare l’informazione in modo consapevole oggi, nel mondo in vertiginoso cambiamento della rete, è fondamentale. L’effetto delle filter bubbles e delle conseguenti echo chambers sulla comunicazione online può essere appianato, arginando così quella condizione di “misinformazione” creata dagli algoritmi social.
Perché se è pur vero che l’intelligenza matematica di un algoritmo è infallibile, dobbiamo ricordare che in quanto esseri umani possiamo servirci di armi molto più potenti quali la riflessione, il pensiero critico, il dialogo.
Per esempio, dinnanzi all’ultima news letta sui social network potremmo iniziare a porci alcuni semplici interrogativi:
- Tende a dare un unico punto di vista sulla questione?
- Quel punto di vista è supportato da fatti o da prove incomplete?
- I dati in disaccordo con l’opinione espressa vengono ignorati o minimizzati?
Se la risposta a ciascuna di queste domande è sì, ci troviamo probabilmente in presenza di una echo chamber o camera dell’eco. Uscire dal circolo vizioso dell’informazione online in realtà è molto più semplice di quanto si creda: in fondo è sufficiente aprire la mente e iniziare a seguire pagine e account che manifestano idee diverse, allargare il nostro bagaglio di fonti anche al di fuori dei nostri siti web preferiti. Così facendo l’algoritmo alla base della filter bubble esploderà o, se non altro, sarà parecchio confuso dalla rinnovata complessità dei nostri interessi.
L’importanza del monitoraggio media
Il miglior esempio di monitoraggio media in Italia è riscontrabile nel modus operandi de L’Eco della Stampa che riconosce da sempre il valore della conoscenza e dell’informazione. Intuendo il ruolo centrale svolto dai media nella comunicazione, si pone al servizio della stampa nazionale come prima forma di monitoraggio.
Negli anni l’ambito di afferenza de L’Eco della Stampa si è allargato ai nuovi canali, dalla televisione sino ad arrivare a Internet e ai contemporanei social media. Oggi L’Eco è leader assoluto in Italia tra i servizi di media monitoring: raccoglie infatti il maggior numero di notizie rispetto ai principali competitors e garantisce un servizio ottimale anche alle più piccole realtà distribuite sul territorio, grazie alla forza del proprio team e alla professionalità vocazionale che guida tutti i dipendenti.
Come sfuggire all’effetto filter bubble?
In ultima battuta non è da trascurare l’importanza di un’adeguata digital literacy – l’alfabetizzazione digitale –per utilizzare i social media in modo corretto sviluppando la capacità di controllare e filtrare quanto ci viene posto sotto gli occhi ogni giorno dalle home-page scorrevoli dei nostri account virtuali.
Infine, per sfuggire all’effetto eco degli algoritmi social rimane sempre un metodo infallibile: uscire di tanto in tanto dal mondo ristretto della rete e conversare con persone reali, in carne ed ossa, aprirsi a quella meravigliosa e imprevedibile scoperta che è il dialogo con l’altro.
Facebook e la lotta alle fake news
Lo stesso fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha deciso di adeguarsi alla nuova visione della rete, intesa come “strumento di unione tra le persone”. Riscontrando l’urgenza di rinnovamento, fondata sulla lotta alla disinformazione e una maggiore trasparenza comunicativa, Zuckerberg ha scelto il nuovo nome da dare alla sua società: non più Facebook, ma Meta.
Il termine “Meta” è la contrazione di una parola di origine greca da intendersi come “metaverso“. Secondo l’autore fantasy Neal Stephenson il metaverso rappresenta una realtà virtuale parallela, una sorta di mondo nuovo costruito dai singoli avatar degli utenti. Il che è esattamente ciò cui aspira il creatore di Facebook che, tramite un investimento di oltre 150 milioni di dollari, intende realizzare un modello di comunicazione innovativo e inclusivo.
Secondo Mark Zuckerberg il metaverso è da intendersi come:
“Il metaverso sarà il successore di Internet mobile. Saremo in grado di sentirci presenti come se fossimo proprio lì con le persone, non importa quanto siamo distanti. Saremo in grado di esprimerci in nuovi modi gioiosi e completamente immersivi”.
Facebook dunque cambia nome e diventa Meta. La mossa di Zuckerberg non è casuale né un semplice rinnovamento di immagine; la mente dietro a Facebook si è mossa strategicamente dietro le quinte per dare scacco matto a fake news ed echo chamber. Tramite il nuovo nome di Meta, Zuckerberg intende infatti discostarsi dai problemi legati alla disinformazione dilagante che hanno avvelenato Facebook negli ultimi anni.
Meta è segno di una svolta decisiva, di un rinnovamento epocale: “Non siamo solo una società di social media, ma nel nostro Dna siamo un’azienda che utilizza la tecnologia per connettere le persone. E il metaverso è la nuova frontiera”, ha affermato Zuckerberg.
La mente dietro The Social Network torna quindi al suo proposito iniziale: “connettere” e non “disunire”, dichiarando guerra al suo nemico numero uno: l’effetto echo chamber.