Eventi e Società
Il futuro di freelancer e smart workers secondo il manager Roberto D’Incau
22 Settembre 2020
Non è un segreto che la crisi economica causata dal Covid-19 abbia colpito in particolar modo i freelance. Questo periodo complesso, infatti, ha scoraggiato i lavoratori indipendenti, ma con la giusta organizzazione ed una ferrea forza di volontà si può superare qualsiasi difficoltà, anche una pandemia. Basti pensare, per esempio, a come molti, dipendenti e non, si siano adattati alla situazione, lavorando in smart working, altro argomento molto dibattuto.
Abbiamo, allora, chiesto a Roberto D’Incau, fondatore della società di Headhunting, Coaching e D&I Advisory Lang&Partners, di spiegarci quali sono i comportamenti e le strategie fondamentali per un freelance e quale sarà il destino dello smart working.
Ci racconti la Sua esperienza professionale e i traguardi di cui va più fiero.
“Ho un passato come executive e ho diretto due aziende. Poi, ho lavorato nelle risorse umane di una società americana in qualità di headhunter (mestiere che oggi non esiste più) e coach.
Nel 2002, infine, ho fondato Lang&Partners, azienda di cui vado fierissimo per i risultati raggiunti e per il nostro modo di operare, che pone la persona al centro di tutto. I clienti che ci seguono condividono la nostra filosofia: ci dicono «siete diversi» ed è il complimento più grande, che mi motiva sempre”.
Com’è nata la passione per il Suo lavoro?
“Un headhunter che avevo chiamato come consulente per un’azienda di cui ero managing director mi disse che, se non avessi fatto questo lavoro, non avrei mai seguito il mio vero talento. Successe vent’anni fa… e aveva assolutamente ragione. Non mi sono mai pentito di averlo ascoltato. Devo moltissimo a Guido Foratti: ci aveva visto giusto!”.
Parliamo di liberi professionisti: quali sono i primi passi da fare per diventare un freelance?
“Passare da un lavoro dipendente al ruolo di freelance è molto stimolante, ma non è facile. Richiede specifiche competenze da piccolo imprenditore, che possono e devono essere sviluppate. Diventare «imprenditori di sé stessi» è un piacere, ma richiede tanto impegno, organizzazione e preparazione al «rischio». Alcuni, ahimè, non hanno proprio nel DNA questa predisposizione: inutile insistere”.
Cinque consigli per organizzare al meglio le proprie attività?
“Il primo è sicuramente quello di avere un time management efficace, in modo da allocare un lasso di tempo definito per ogni attività e riuscire ad essere efficienti.
Secondariamente, direi che è essenziale saper separare attentamente vita privata e lavorativa, per non stressarsi troppo.
Poi, naturalmente, bisogna mantenersi super aggiornati sui cambiamenti e sulle innovazioni del proprio settore.
Altro consiglio è coltivare il proprio network relazionale per avere sempre opportunità a portata di mano.
Infine, è importante partecipare agli eventi che la propria professione presenta, anche come occasione di new business development, oltre che di pr”.
E i cinque comportamenti che un freelance deve evitare?
“Non bisogna mai abbattersi alle prime difficoltà, che si affacceranno senz’altro, prima o poi: i grandi professionisti si costruiscono con il tempo.
Come dicevo poc’anzi, non gestire bene il tempo è un grosso errore: se, per esempio, si lavora anche di notte il rischio di burnout è in agguato.
Non bisogna, poi, lasciare che la vita privata interferisca con quella lavorativa, perché si rischia di non concentrarsi a dovere o di non essere sempre lucidi.
Altro errore è non leggere e non informarsi sulle novità della propria professione.
Ultimo comportamento da evitare è non dare importanza alle pr: inserirsi all’interno di un folto network di professionisti è fondamentale”.
Qual è il modo più efficace di farsi pubblicità e quali sono i canali da privilegiare per la comunicazione?
“La prima cosa che mi viene da dire, naturalmente, è che un freelance deve saper usare efficacemente i social, che possono portare a un vasto bacino di utenza.
Non bisogna, però, pensare che questi strumenti virtuali possano sostituire del tutto la presenza fisica e il contatto umano. «Farsi vedere in giro», là dove c’è la business community di riferimento è altrettanto importante.
Poi, anche se sembra scontato, prestare sempre un servizio al massimo delle proprie capacità, e trattare bene i clienti è il primo modo per far sì che arrivino nuovi lavori con il passaparola.
E, naturalmente, crearsi e mantenersi una reputazione professionale ineccepibile è il più grande asset”.
Parliamo di smart working. Cos’è cambiato in relazione a questo modo di lavorare prima e dopo il Covid-19?
“Prima del Covid-19 lo smart working era ancora in fase sperimentale in Italia, soprattutto perché si pensava che chi fosse operativo da casa si concentrasse e producesse meno. Discorso diverso è quello dei freelance, per ovvi motivi.
Chi ha lavorato da remoto in quarantena ha dimostrato, invece, che si tratta di una formula efficacissima: se motivati, i dipendenti che operano da casa rendono di più, con meno sprechi di tempo”.
Come potrebbe evolversi lo smart working?
“Secondo me, diventerà un must nelle nostre vite. Magari non al 100% come durante il lockdown, ma sicuramente le aziende prevederanno uno o due giorni di smart working alla settimana. Io stesso mi sono organizzato per lavorare al 60% in ufficio e al 40% da remoto”.
Quali caratteristiche deve avere un home office di un freelance o di chi lavora in smart working per essere ottimizzato al massimo?
“A livello tecnologico (mi riferisco, banalmente, al wi-fi, per esempio) deve essere fornito in modo ottimale. Bisogna, poi, predisporre una stanza o un angolo della casa in cui lavorare senza essere disturbati, ma anche per avere la propria privacy.
Un arredamento gradevole ed ergonomico, poi, non solo sono belli da vedere, ma stimolano anche la produttività. Basti solo pensare a quanto siano fondamentali la sedia e la scrivania, che devono essere adatte alle fattezze di chi le usa”.
Un messaggio motivazionale per tutti i freelance colpiti professionalmente dalla pandemia?
“È un anno arduo per tutti, lo sappiamo. Come per ogni crisi, però, anche le difficoltà legate alla pandemia sono destinate ad essere superate.
Il 2021 avrà ancora qualche impatto negativo, com’è naturale che sia, ma nel 2022 riprenderemo alla grande, più forti di prima.
Questo periodo surreale ci ha messi e ci sta mettendo a dura prova, per questo bisogna lavorare sodo e credere in se stessi, ora più che mai.
Il lockdown ha dimostrato che abbiamo una grande capacità di adattamento e le risorse psicologiche per sostenerlo. Si tratta solo di resistere: per aspera ad astra, è sempre vero”.