Comunicazione
Viva l’ozio: perché il tempo libero serve alla creatività
16 Maggio 2019
La noia, il tedio, la nullafacenza, l’accidia. Proviamo a chiudere gli occhi un momento e pensare: “Da quanto tempo non faccio assolutamente niente?”
Da quanto tempo non ho guardato WhatsApp, Facebook, Instagram o qualsivoglia altro social network, non ho guardato distrattamente ua serie su Netflix, non ho ascoltato qualcosa su Spotify o non ho fatto una fotografia mentre passeggiavo o mangiavo?
Forse l’unico momento veramente vuoto della giornata è quando si dorme, se tralasciamo ovviamente l’attività REM.
In una società in cui siamo costantemente bombardati di messaggi, stimoli pubblicitari, attività varie, la noia e il tempo libero sono stati risucchiati in un buco nero molto più lontano di quello fotografato recentemente. Ma non voglio dare tutta la colpa all’internet e ai suoi figli degenerati.
Noia, nemica-amica dei tempi moderni
La battaglia contro la noia inizia molto tempo fa. Il proverbio “L’ozio è il padre di tutti i vizi” di origine greca, si è affermato nel tempo, convalidato da teorie cattoliche, timorose del libero e vago pensare degli esseri umani, e poi confermato da filoni protestanti e calvinisti, per cui l’uomo benvoluto dal Signore era anche quello socialmente affermato, operoso, decisamente non uno con le mani in mano.
Boom economico e benessere sociale hanno creato il tempo libero, gli hobby, il cinema o lo sport: tempo libero sì, ma nato per essere consumato, speso, impiegato e riempito, in un modo o nell’altro.
Infine, negli ultimi vent’anni, si era affermata l’assurda favola del multitasking: fare tante cose insieme, essere iperattivi e iperproduttivi. Per fortuna, anche questa bufala si è smontata da sé, autodistruggendosi, dimostrando come sia impossibile far tante cose insieme bene.
Come aveva fatto ad attecchire questa strampalata idea mutuata dal mondo dei processori? Perché tutti erano convinti che più lavoro fosse uguale a più guadagno, più attività=più risultati, come se questa equazione potesse valere anche per la vita privata.
Come se, ad esempio, avere più impegni e appuntamenti contemporaneamente potesse servire a far maturare una relazione d’amore duratura: difficilotto, no?
Io penso che in questo mondo si lavori troppo, e che mali incalcolabili siano derivati dalla convinzione che il lavoro sia cosa santa e virtuosa; insomma, nei moderni paesi industriali bisogna predicare in modo ben diverso da come si è predicato sinora.
Bertrand Russell, Elogio dell’Ozio, 1935
Il fruttuoso otium
Eppure non è stato sempre così. L’ozio originariamente non era affatto sinonimo di uno stato negativo, anzi. I latini intendevano con otium la possibilità di avere del tempo per sé, da dedicare alla propria saggezza e crescita personale, studiando e meditando.
L’ozio era il tempo della filosofia, il tempo della conoscenza, il tempo del pensiero libero, dell’arte e della creatività. Contrapposto al negotium, il momento degli affari e del commercio, l’otium era uno stato privilegiato, importante e irrinunciabile, soprattutto per intellettuali, ma anche per i ricchi e uomini di potere.
Solo dal nulla, dalla noia e meditazione, poteva scatenarsi la migliore strategia, la riflessione filosofica, la soluzione, l’idea creativa.
Solo dalla tabula rasa si può partire per scrivere qualcosa, no?
Ozio e creatività: una liason
E forse faremmo bene a recuperare i precetti dei nostri antenati e rispolverare la preziosa abitudine di oziare un po’.
Le ragioni sono tante.
Innanzitutto, permettere al cervello di riposare e staccare la spina, aiuta. Pensiamo al cervello come fosse una meravigliosa macchina instancabile ma, come tutti gli altri organi, anche il cervello si stanca e si stressa. Meglio lasciarlo libero di non far nulla ogni tanto, per potergli permettere di ripartire con serenità.
Questo significa anche avere effetti positivi su attenzione e memoria: un cervello più vuoto significa anche un cervello più pronto a ricevere input e immagazzinarli correttamente. Sembra un paradosso ma, più ti annoi, più in realtà sei attento!
Infine: ma lo sapete quanto importante è la noia per la creatività, l’immaginazione e la fantasia? Dire fondamentale è dire poco.
Nei momenti “morti”, quelli in cui realmente non stiamo facendo niente e la mente è totalmente libera di vagare, i guizzi geniali o gli istinti creativi sono favoriti e partoriti.
Una sorta di meccanismo di difesa si avvia nel nostro cervello quando ci annoiamo: la mente cerca qualcosa di interessante per tenerci occupati e distrarci dal momento noioso. Ecco perché un momento di vuoto, se non di vera e propria noia, è utile alle idee e alla creatività.
Lo psicologo inglese Adam Phillips descrisse la noia come “quello stato di sospesa anticipazione in cui qualcosa potrebbe succedere ma nulla accade, uno stato d’animo di diffusa irrequietezza che circonda il più assurdo e paradossale dei desideri, il desiderio di un desiderio.”
La noia stimola la creatività: divagazioni, tempo libero, vuoto totale, permettono di liberare collegamenti ed elementi astrusi, mettendo in moto quei processi capaci di portare a nuove scoperte e idee.
App che aiutano ad oziare
Potevano mancare le app che aiutassero ad oziare?
Eletta “Miglior App 2017”, Calm è un app che semplicemente ti chiede di non fare niente per qualche secondo. E questa nullafacenza, che al suo interno ha programmi come per favorire il sonno e la meditazione, vale circa 25 milioni di dollari.
Ve ne sono altre, come Buddhify o Headspace, (quest’ultima addirittura ideata da un ex monaco buddhista), di chiara ispirazione orientale, incentrate sulla possibilità di sfruttare i minuti liberi di una giornata per meditare.
Se avete sentito parlare di mindfulness, forse sarete anche già incorsi in app come The Mindfulness App o Stop, breathe and think, il cui funzionamento è già insito nel loro nome.
Quello che forse dovrebbe far riflettere o perlomeno sorridere è che, anche in quei pochi minuti di tempo liberi e vuoti della propria giornata, l’utente in cerca di ozio e di sospirata noia, dovrebbe usare un app per fare qualcosa...
Just don’t do it
In questo infinito elenco di dos’ and dont’s, quello che davvero bisognerebbe fare è proprio fare un bel niente. Un’espressione ormai così tanto demodé che ha persino perso la sua accezione negativa.
Liberarsi dagli impegni, dagli eccessivi carichi di lavoro, dagli incontri inutili, dal costante bisogno di fare qualcosa, fosse anche condividere una story su Instagram.