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Perché non riusciamo più a concentrarci?
22 Settembre 2023
Marc Jacobs, la sfilata dura tre minuti e le modelle corrono: non c’è più tempo per il tempo? – vanityfair.it, 28 giugno 2023 di Federica Caiazzo
“Centottanta secondi, il tempo necessario per chiederci dove stessero correndo le modelle (e pure noi). Dulcis in fundo, l’atto dissacrante: il comunicato stampa scritto da Chat GPT, distribuito nella biblioteca più antica di New York. Cosa ha voluto dirci Marc Jacobs con il suo ultimo fashion show? Tre minuti. Giusto centottanta secondi: perfetti per entrare in un reel di Instagram. Non un secondo di meno, non uno di più. Una sfilata così breve probabilmente non si era mai vista, ma ci ha pensato lo stilista americano Marc Jacobs a portare in passerella a New York quella che, più che una collezione moda, sembrerebbe essere stata agli occhi di tutti una provocazione: dov’è che stiamo correndo tutti quanti? E che cosa guadagniamo a correre così tanto?”.
L’interpretazione della scelta dello stilista si è prestata a diverse chiavi: dal fast fashion, alla mancanza di tempo o presunta tale. Tutto va veloce, telefoni alla mano e la vita scorre davanti senza poterla afferrare.
Una provocazione che ha mietuto la visibilità voluta, e acceso un campanello d’allarme messo spesso a tacere.
Se lo smartphone è una droga, forse anche tu soffri di nomofobia – elle.com, 14/04/2017 di Rossana Campisi
“Dal panico da telefonino spento all’iGobba fino alla sindrome dello squillo fantasma, se anche tu non riesci a staccarti dal cellulare leggi qui per dare un nome alle dipendenze digitali (e trovare una soluzione). Ansia, torcicollo, perdita di memoria? Spesso non serve un medico per capire di cosa soffri: si tratta di dipendenza da smartphone e da altri device tecnologici. Ci hanno visto giusto i politici francesi, che nel pacchetto di leggi sul lavoro (Loi Travail) hanno approvato anche il diritto di disconnessione, norma attiva dal gennaio 2017 che autorizza i dipendenti a non rispondere a mail e chiamate aziendali fuori dagli orari di lavoro. Probabile che i workaholic riescano comunque ad aggirare il divieto affidandosi a WhatsApp o a mail private. Ma il punto è un altro: per la prima volta è riconosciuto in modo ufficiale che l’eccesso di tecnologia e di informazioni può danneggiare la salute”.
Nel 2017 si parlava già di dipendenza da smartphone, che con la pandemia scoppiata nel 2020, si è moltiplicata oltre misura, diventando per mesi unico canale di contatto per milioni di persone, durante lockdown e quarantene.
Siamo sicuri che il problema sia lo smartphone?
Siamo sicuri che il problema siano lo smartphone e i social network? Digitando su Google “problemi di attenzione e concentrazione” si aprono numerosi link che fanno riferimento a disturbi nei bambini e nei giovani. Eppure la verità è che problemi di concentrazione oggi li hanno molte persone, senza distinzione di età e generazione. E social e smartphone non sono la risposta. O meglio, lo sono, ma solo in parte.
Ecco 3 motivi per cui non riusciamo più concentrarci
Ecco 3 motivi per cui non riusciamo più a concentrarci per più di pochi minuti, forse i 3 minuti da reel sperimentati da Marc Jacobs nella sua provocatoria sfilata.
1 – Aumento della velocità
L’aumento della velocità non risale alla nascita del web come potremmo pensare. Dalla Seconda Guerra Mondiale, il flusso di informazioni e notizie e scambio delle stesse ha iniziato a crescere. Peccato che il nostro cervello sia programmato per processare 2 informazioni per volta: l’extra è destinato ad essere trascurato o ignorato totalmente. Nel 2014 un gruppo di scienziati ha iniziato a misurare se il livello di attenzione collettivo si stesse davvero riducendo. Ai tempi, l’analisi attraverso Twitter (nato nel 2006) era l’opzione migliore. Gli scienziati riscontrarono che nel 2013 un hashtag di tendenza rimaneva 17,5 ore tra i 50 argomenti più discussi. Nel 2016 la durata era diminuita a 11,9 ore. La conferma del cambiamento ha spinto la ricerca verso altri sistemi, e l’esito è stato il medesimo: tutto stava accelerando. Analizzarono il tasso di abbandono delle ricerche su Google, il tempo di interesse nei confronti del nuovo film al cinema e di diversi argomenti.
Nel 2023 la velocità è ulteriormente moltiplicata: basti pensare alle notizie in tempo reale provenienti dall’altra parte del mondo, come, purtroppo, le catastrofi naturali. Ma la velocità, dice la scienza, non può aumentare all’infinito. Se le informazioni fossero un flusso d’acqua, negli ultimi 130 anni è come se il flusso d’acqua a cui ci abbeveravamo alla fontanella, fosse aumentato al punto di diventare il getto travolgente di un idrante. Oggi siamo travolti da tale flusso.
Cosa accade alla nostra concentrazione se il flusso d’informazioni è troppo veloce
La nostra concentrazione se il flusso d’informazioni è troppo veloce, diminuisce. Maggiore velocità significa minore comprensione. Può sperimentarlo chiunque in modo empirico: se provate a leggere un testo velocemente, magari anche con delle tecniche apposite, non sarete in grado di processare informazioni complesse, preferendo affermazioni semplicistiche e dirette.
E pensare che la velocità solo pochi anni fa era celebrata come una qualità, tanto da essere slogan di prodotti simbolo come il BlackBerry (“Qualsiasi cosa degna di essere fatta merita di essere fatta più rapidamente”) e motto non ufficiale negli uffici Google (“Se non sei svelto sei fott**o”). C’è un però, che esula la tecnologia: l’invecchiamento. Non è mai stato studiato prima, perciò nessuno si è preso la briga di soffermarsi su questo aspetto. Ma con l’avanzare dell’età, naturalmente, da sempre, in ogni tempo e paese, la concentrazione cala.
La soluzione? Allenarsi a concentrarsi, praticare attività che inducano lentezza come Yoga o meditazione: ce ne sono miriadi e ognuno saprà trovare la propria lentezza. Cucinare una torta non è cosa rapida ad esempio.
2 – I Social Network sono programmati per rapire la nostra attenzione
I Social Network sono programmati per rapire la nostra attenzione e nella Silicon Valley gli ingegneri sono molto abili e pagati profumatamente per raggiungere tale obbiettivo. Più tempo noi passiamo sulle pagine social, più pubblicità possiamo visualizzare, più siamo utenti appetibili per aziende in cerca del nostro target.
A breve, grazie alla stretta dell’Unione Europea sulla Legge sulla Privacy, Zuckerberg potrebbe proporci di pagare per non essere profilati. Ma di questo parleremo un’altra volta. Un solo esempio su tutti: il feed infinito. Un tempo, lo scrolling sulle pagine social aveva un limite di post visibili. Arrivati ad un certo punto era necessario ricaricare la pagina per vedere altri post, ponendoci la scelta se proseguire o chiudere la pagina. Oggi, l’audacia degli abili ingegneri della Silicon Valley, ha reso possibile lo scrolling infinito. Continui a visualizzare post, su post, su post… senza interruzione, dilatando enormemente il tempo trascorso davanti allo schermo.
3 – L’ottimismo crudele: il cambiamento individuale non basta
L’ottimismo crudele è una definizione liberatoria. Rileggetela. Ancora una volta. Intervenire su noi stessi, sulle nostre abitudini, è più facile che cambiare i sistemi sociali, politici etc. Per capire cosa sia l’ottimismo crudele dobbiamo toccare l’argomento stress. Se siamo stressati non siamo in grado di rimanere concentrati. E allora facciamo qualcosa per combattere lo stress, come uno sport, un corso spirituale, un nuovo hobby… ce ne sono migliaia di proposte antistress.
Gli scienziati della Stanford Graduate School of Business hanno definito le principali cause di stress negli USA: mancanza di assicurazione sanitaria, minaccia di licenziamento, mancanza di autonomia decisionale, lunghi orari di lavoro, bassa garanzia di giustizia, obbiettivi irrealizzabili.
La conclusione è che si possono adottare molteplici accorgimenti per non farsi prevaricare dal web e mantenere la concentrazione. Ma quando anche una sola di queste cause di stress assilla, è più facile cedere alla tentazione di abbandonarsi a ore sui social in cerca di distrazione. A una mamma povera, single immigrata con 3 figli e 2 lavori, non puoi dire che le basta combattere lo stress per recuperare qualità della vita.
E l’ottimismo crudele è, oltre che attribuire alla mancanza di cambiamento delle abitudini individuali la bassa qualità di vita personale, riportare esempi di successo trasmettendo il messaggio che ce la puoi fare anche tu. Sì, ce la puoi fare, ma se non accade, non sei sbagliato tu. Obbiettivamente è difficile. Statistica docet.
In conclusione
I motivi del calo di attenzione e concentrazione sono molteplici, e non solo legati alla rete. Qui ne abbiamo toccati alcuni. Come sempre capire con cosa abbiamo a che fare, è ciò che permette di ottimizzare risorse ed energie. Che sia un’azienda o un individuo, monitorare vuol dire possibilità di analisi. Esattamente come gli scienziati hanno usato nel 2016 gli hashtag di Twitter e la ricerca su Google per capire cosa sta accadendo alla capacità di concentrazione collettiva, monitoraggio media e social sono utili strumenti per leggere i fenomeni che ci circondano e, con un po’ di pazienza, anche per intercettare le voci fuori dal coro.
[I dati delle ricerche sono tratti dal libro L’Attenzione Rubata di Johann Hari, La Nave di Teseo editore]