Comunicazione
Non è vero, ma ci credo. Pandemia e disinformazione
28 Aprile 2021
Le fake news hanno mille volti: messaggi inoltrati su WhatsApp, articoli, fotografie, affermazioni di personaggi pubblici o di sedicenti esperti. Con l’emergenza Coronavirus, oltre 29 milioni di italiani hanno trovato in Rete e sui social media notizie false o sbagliate. Lo rivela il Rapporto Ital Communications-Censis, dal titolo “Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione”. Presentata ufficialmente il 23 aprile, la ricerca ha dimostrato che il sistema dei media, da un anno ad oggi, ha generato una vera e propria infodemia, producendo confusione, ansia e paura nel pubblico.
Nel marzo scorso, alle prime avvisaglie del problema, L’Eco della Stampa aveva effettuato un monitoraggio dei media italiani allo scopo di comprendere quanto e come parlassero di Coronavirus. Ci era apparso subito chiaro quanto stava accadendo. Oggi, a tredici mesi esatti dalla pubblicazione della nostra indagine, il rapporto Censis conferma che troppa informazione confonde l’utenza, soprattutto se le notizie non sono mediate da professionisti. Da qui l’esigenza, secondo i ricercatori, di utilizzare le agenzie di comunicazione che, oltre a valorizzare l’immagine dei loro clienti, operano per i media e garantiscono la qualità dell’informazione.
Il regno delle bufale
Regno incontrastato delle bufale, durante la fase più dura della pandemia, è stata la Rete. Allargando la sua platea, il web ha concesso maggiore libertà, più protagonismo, più notizie, ma ha vigilato poco sulla veridicità dei contenuti. Un dato svetta su tutti gli altri: 50 milioni di italiani, che rappresentano il 99,4% della popolazione adulta, hanno cercato informazioni sulla pandemia attingendo a diverse fonti, anche inaffidabili, creando un proprio “palinsesto” e credendo a tutto.
Il linguaggio arido delle cifre aiuta a capire, in casi come questo, la gravità di quanto accaduto. Se 38 milioni di persone hanno cercato le notizie sui media tradizionali – televisione, radio e stampa – e 26 milioni sui siti istituzionali, come quelli della Protezione Civile e dell’Istituto Superiore della Sanità, tutti gli altri si sono accontentati di informazioni parziali e perfino errate. Ben 15 milioni di italiani si sono limitati a leggere i post sui social media, 12,6 milioni – ovvero un cittadino su quattro – si sono rivolti al medico di famiglia, 5,5 milioni ai medici specialisti e 4,5 milioni ai farmacisti.
Dalla potenza informativa dei media tradizionali e del web sono rimasti esclusi 3,7 milioni di persone. Di queste, 300 mila hanno evitato volutamente di conoscere, non hanno sentito il bisogno di capire.
La strategia della Rai
“Quando è esplosa la pandemia – spiega Alberto Barachini, presidente della Commissione di Vigilanza Rai – abbiamo chiesto all’azienda di formare subito una task force contro le fake news. I vertici ce l’hanno accordata. Contemporaneamente, abbiamo proposto al ministro dell’Istruzione, che allora era Lucia Azzolina, di coordinare con la Rai una serie di programmi da dedicare alla scuola”.
Sull’educazione digitale, secondo Barachini, si deve lavorare ancora molto e bisogna cominciare a valorizzare il giornalismo scientifico. In questo quadro, le agenzie di comunicazione possono costituire un valido sostegno.
Pur riconoscendo il ruolo importante della Rete, Rocco Giuseppe Moles, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Informazione e all’Editoria, punta il dito contro alcune scelte delle piattaforme:
“I social network – afferma – a volte tendono a svolgere una funzione impropria, pubblicando soltanto ciò che gli utenti vogliono sentirsi dire. Si crea, così, un ecosistema chiuso in cui si perde la capacità di discernimento”. Per Moles, i giganti del web dovrebbero cooperare con i produttori delle informazioni, il sistema digitale così sarebbe sicuro e trasparente.
L’opinione dei lettori
Ma che cosa ne pensa la gente comune? Il 52% ritiene che le piattaforme dovrebbero essere obbligate a rimuovere sempre le notizie false. Il 41,5% pensa che i social potrebbero attivare sistemi di controllo, fact checking. E tutti invocano campagne di sensibilizzazione per l’uso consapevole della Rete.
Per quanto riguarda la comunicazione della pandemia, tutto il sistema dei media esce sconfitto. Soltanto il 13,9% degli italiani pensa che la trasmissione delle notizie sia stata equilibrata. Per il 49,7% è stata confusa, per il 39,5% ansiogena e questo dato sale al 50,7% tra i giovani. Un vero disastro insomma, almeno nella percezione.
Sarebbe ingiusto, tuttavia, dividere i protagonisti dell’informazione in buoni e cattivi. I media vecchi e nuovi si sono trovati in difficoltà a governare l’improvvisa moltiplicazione della domanda dovuta all’emergenza sanitaria. Ecco perché, secondo il rapporto Censis, da qui in avanti ci sarà sempre più bisogno di figure esterne, competenti in materia.
Giornalisti a scuola in Finlandia
Anche i giornalisti, da tempo, lottano contro le fake news e si interrogano. L’Ordine ligure, presieduto da Filippo Paganini, di recente ha indetto un concorso fra gli iscritti per consentire ad alcuni di loro di svolgere, quest’anno, un corso di aggiornamento in Finlandia nell’ambito del Progetto Erasmus Plus.
Grazie all’accreditamento ricevuto dall’Agenzia nazionale che valuta i progetti europei, fino al 2027 compreso, l’Ordine ligure potrà “mandare a scuola” 33 giornalisti dai colleghi finlandesi. Attraverso una settimana di lezioni e, soprattutto, grazie allo scambio di esperienze, i vincitori della selezione potranno arricchire il loro bagaglio culturale e trasmettere, al rientro, quanto appreso ai colleghi che incontreranno in appositi seminari.
“Questo è l’inizio di un lavoro stimolante ed impegnativo – afferma Paganini – con una tabella di marcia serrata: entro maggio dovremo presentare il Piano di formazione internazionale per il 2022 che coinvolgerà un’altra trentina di colleghi, poi cominceremo a pianificare le attività future, anche sulla base di un questionario che i giornalisti liguri hanno compilato”.
Perché la Finlandia? Perché è il Paese dove il sistema dell’informazione ha saputo contrastare, meglio degli altri, la diffusione delle fake news. Il progetto è interamente finanziato dall’Unione Europea e rappresenta un primo passo verso la formazione di una classe di giornalisti più preparata, ma anche più aperta, a livello internazionale.
Nel frattempo, gli utenti dei social media come devono comportarsi? Quando troviamo una notizia palesemente falsa, è naturale sentire il bisogno di stigmatizzarla o discuterne. Dobbiamo sapere, però, che commentando un messaggio sbagliato lo diffondiamo ulteriormente. Il modo migliore di reagire per ridurre l’impatto delle fake news, allora, è non fare nulla. Purché le piattaforme assumano davvero l’impegno di combatterle.