Comunicazione
L’arte di parlare in pubblico: impariamo dal teatro con Lorenzo Micoli
13 Agosto 2020
L’arte di parlare in pubblico ha origini antiche. Greci e Romani la chiamavano “ars dicendi”, la studiavano come componente della Retorica – costruzione ed esposizione di discorsi – e la consideravano un’abilità importante nella vita pubblica e privata. Ancora oggi, indipendentemente dalla professione che si esercita, saper parlare ad una presentazione, una riunione, o per raccontare la propria storia, è molto utile. Nei colloqui di lavoro, è una dote che viene presa in seria considerazione.
Ma essere chiari, convincenti e completi, nel poco tempo a disposizione non è scontato. Ecco perché crescono a dismisura i corsi che promettono l’apprendimento di tecniche infallibili per fare conferenze, comizi e TED Talk. Quanto sono efficaci? Poco, se si limitano a suggerire come migliorare dizione e look. Tanto, se aiutano a vincere la timidezza ed a rafforzare la consapevolezza di sé, perché ogni persona è diversa dalle altre e non può esistere un modello valido per tutti.
Una vita sulla scena
Lavora, da anni, su questa seconda linea Lorenzo Micoli. Attore diplomato presso la Scuola di recitazione del teatro stabile di Genova, Micoli ha calcato i palcoscenici di tutta Europa, ha interpretato ruoli diversi nelle serie televisive di maggiore successo, scrive soggetti, è speaker radiofonico, doppiatore e dirige corsi aperti a chiunque aspiri ad esprimersi meglio.
Le lezioni di Micoli non sono lezioni di teatro, ma di recitazione e cominciano dall’analisi fisica e comportamentale dell’allievo. Davanti alla “classe” questi deve presentarsi con un motto che ne sveli, da subito, voce, cadenza, gestualità e, soprattutto, personalità. Dopo gli esercizi di rilassamento e di “pulizia” dell’andatura, gli alunni vengono fatti salire su un palco e disposti in modo che ciascuno sia visibile alla platea. Affinché nessuno rimanga nascosto – cosa che accade spesso durante le cerimonie istituzionali – bisogna immaginare di trovarsi su una zattera in mezzo al mare, dove lo spazio sia limitato e l’equilibrio necessario alla sopravvivenza.
La cura della voce
Una volta impostato il corpo, si passa alla cura della voce. Come è noto, in teatro non si usano i microfoni, perciò bisogna parlare in modo che tutti, compresi gli spettatori dell’ultima fila, possano capire. Urlare non serve, peggiorerebbe la percezione. Come fare?
“Avrete sentito dire che alcuni attori recitano da cani – insegna Lorenzo Micoli – questo non significa che gli animali non sappiano recitare. Vuol dire, invece, che il suono della voce umana non deve compire l’iperbole tipica del verso del cane, ma deve scandire la sillaba finale di ogni parola“.
Quante volte, nella vita di tutti i giorni, ci capita di stringere la mano a qualcuno senza capirne il nome? “Questo – insiste Micoli – succede quando la persona pronuncia male il suo nome, calcando sulla sillaba centrale, o abbaiando in termini teatrali”.
La gestualità
Ma il linguaggio si esprime anche attraverso i gesti. Per rafforzare il contenuto di un discorso, chi parla in pubblico di solito alza le braccia, muove le mani, cammina verso la platea come volesse abbracciarla. Se il galateo sconsiglia di gesticolare, le regole della comunicazione moderna lo consentono, ma a certe condizioni.
“Per attrarre l’attenzione su di sé – incalza Lorenzo Micoli – quando un relatore sale su un palco deve fermarsi, piantare le gambe bene a terra e guardare il pubblico”. Vietato, dunque, camminare, ballare, traballare. Le braccia, invece, si possono muovere, con stile ed una alla volta.
A me gli occhi!
E se, nonostante il rispetto delle regole, l’attenzione del pubblico dovesse calare? In questo caso il docente svela un trucco per ravvivarla: “Focalizzare sguardo, gesti e voce su un unico spettatore”. Anche il più grande degli uomini soffre di gelosia. Gli esclusi si domanderanno perché il relatore non consideri loro e, d’istinto, cominceranno a fare silenzio, ad osservare il “fortunato”, poi cercheranno di captare l’interesse di chi parla. E sarà uno scrosciare di applausi!
La comunicazione non è magia, ma in fondo un po’ le somiglia.