Comunicazione
L’intelligenza artificiale cambierà la musica?
4 Febbraio 2020
Come suona la musica del futuro? Partiamo da questa domanda per scoprire l’incredibile e, parzialmente, già concreto rapporto tra l’intelligenza artificiale e la musica, una delle arti più antiche con un forte valore sociale.
Se è vero, infatti, che non è ancora successo che l’AI producesse una hit mondiale o che componesse un capolavoro universale, negli ultimi anni si sono moltiplicati esempi e progetti sperimentali che ci permettono di intuire quanto potrà cambiare la discografia.
Parliamo di un cambiamento, non di una rivoluzione. È vero, infatti, che l’intelligenza artificiale è ormai così sofisticata da poter comporre canzoni, colonne sonore e, addirittura, replicare lo stile dei più grandi compositori della letteratura classica, da J.S. Bach a F. Schubert, ma non si sostituirà all’uomo.
Almeno per ora, dicono gli esperti. Quello che accadrà dopo è tutto da ascoltare, ma intanto scopriamo come suona la musica dell’AI.
Intelligenza artificiale e musica, quali sono i programmi?
La sperimentazione in campo musicale non è certo una novità, tant’è che i primi brani composti dalle macchine o attraverso di esse risalgono agli anni Cinquanta. L’esempio più interessante in questo senso è la “Illiac Suite” per quartetto d’archi composta al computer da Lejaren Hiller e Leonard Isaacson nel 1956.
Facendo un balzo di avanti impossibile non ricordare la collaborazione tra Davide Bowie e Ty Roberts, ex CTO della Universal Music, per la creazione di “Verbasizer”, un software che permetteva di inserire manualmente una serie di frasi e parole che il computer andava a comporre in nuove combinazioni creative e, soprattutto di senso compiuto.
La differenza è che oggi i software di composizione sono capaci di apprendere moli di dati considerevoli e utilizzare queste informazioni per creare brani sempre più sofisticati. Non soltanto basi per cantanti e cantautori, ma anche colonne sonore e composizioni che devono funzionare di per sé.
Flow Machine, il sistema sviluppato da Sony, ha “pubblicato” nel 2017 “Daddy’s car”, un brano ispirato e costruito a partire dalla discografia dei Beatles. Il database di partenza è, dunque, fondamentale così come il ruolo del compositore francese Benoit Carrè che ha arrangiato il brano e scritto il testo.
L’Intelligenza Artificiale ci ha messo proprio la parte creativa della musica, ma senza l’intervento umano forse l’impatto sonoro ed emozionale non sarebbe lo stesso.
La celebre “Incompiuta” di Schubert e oggi compiuta. E allora?
Altrettanto interessante è il dialogo tra intelligenza artificiale e musica classica. MusicNet è il nome del software sviluppato dall’Università di Washington che è “specializzato” nella composizione di brani che sembrano estratti direttamente dai manuali di Storia della musica.
Sono oltre 330 le composizioni inserite nel programma che le “legge” per poter imparare a riconoscere i timbri degli strumenti, la durata delle note e, progressivamente, identificare le variazioni di stile. In questo modo, come evidenziano i ricercatori, si potrà capire meglio come funziona la percezione musicale, ma anche andare a completare brani rimasti senza conclusione per varie ragioni.
I casi di brani incompiuti nella storia della musica sono molti e alcuni piuttosto noti. È il caso della “Turandot” di Giacomo Puccini. Il compositore morì proprio mentre stava concludendo il III atto lasciando in eredità 36 pagine di appunti, raccolti dal figlio che, in accordo con il celebre direttore Arturo Toscanini, affidò al compositore Franco Alfano il compito di completare il brano.
L’idea, quindi, di completare i brani incompiuti non è certo figlia dell’Intelligenza Artificiale o delle più recenti ricerche, ma ha stuzzicato anche diversi compositori del Novecento.
Il più noto è il caso di Luciano Berio che, oltre ad aver composto il “suo” finale di “Turandot” nel 2001, è famoso per il brano dal titolo “Rendering” basato sulla Sinfonia in re maggiore, la “Decima Sinfonia” mai completata di Franz Schubert.
In tutti questi casi, però, è pur sempre il compositore a dare avvio all’attività della macchina che realizza e produce dei suoni. È Alfano che “legge” l’idea di Puccini, è Berio a interpretare quella di Schubert.
L’interessante novità dell’Intelligenza Artificiale risiede nel fatto che, oggi, accade che sia un software a leggere i pensieri e le idee musicali di un compositore morto più di un secolo fa. L’esempio più eclatante è stato quello – promosso da Huawei – di completare il brano interrotto per eccellenza: l'”Incompiuta”, sempre di Franz Schubert.
Il gigante tech cinese ha sviluppato un software che “ascoltando” tutti i brani a disposizione del compositore tedesco ha sviluppato diversi possibili movimenti per concludere la Sinfonia. Le opzioni sono state sottoposte al vaglio del compositore Luca Cantor che ha scelto quella più convincenti. Il risultato è stato presentato al pubblico nel febbraio 2019 in un concerto che ha coinvolto la English Session Orchestra.
Il risultato è davvero convincente? Potete ascoltare voi stessi.
Aiva, il primo compositore AI tutelato dal diritto d’autore
Completare la musica classica lasciata incompiuta, supportare i compositori nella loro attività, ma non soltanto. Le sfaccettate potenzialità dell’Intelligenza Artificiale applicata alla musica possono arrivare anche molto oltre. Basti pensare ad Aiva, un compositore virtuale sviluppato da due fratelli francesi, gli ingegneri Pierre e Vincent Barreau.
Ispirati dal film di Spike Jonze “Her”, hanno immaginato un programma che potesse creare musica originale sempre a partire da un database che attinge alla storia della musica.
Sono oltre 15.000 i brani che Aiva ha appreso e processato, da cui emerge un algoritmo matematico funzionale alla composizione di brani che possano essere effettivamente suonati da strumenti reali e non solo riprodotti a computer.
Dal punto di vista tecnico, Aiva è stato sviluppato a partire da una tecnologia basata su algoritmi di deep learning che richiede un’interazione di molteplici reti neurali artificiali. Il sistema va ad imitare – per quanto conosciuto – il modo di funzionamento del cervello nel momento creativo.
Difficile immaginare che Aiva possa davvero comporre capolavori, ma intanto i creatori l’hanno registrato come autore alla Sacem, la versione francese della Siae per capirci, e ha pubblicato un album con musiche per pianoforte e orchestra dal titolo “Genesis”. Che sia davvero la genesi della musica del futuro?