Comunicazione
Galateo per leoni da tastiera: il festival della comunicazione non ostile
16 Maggio 2020
Si è appena conclusa la quarta edizione di “Parole O_Stili”, il festival che riflette su linguaggi e comportamenti digitali. Quest’anno l’iniziativa si è svolta interamente in Rete e ha visto la partecipazione, tra gli altri, della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, dello scrittore Alessandro Baricco e del pilota Alessandro Zanardi.
L’idea del festival è nata dall’associazione no-profit Parole O_Stili, fondata nel 2016 a Trieste da Rosy Russo, consulente in comunicazione, copywriter e social media manager. Perché questo nome che dà il titolo anche alla rassegna culturale?
Il potere delle parole: commuovono, uniscono, scaldano il cuore. Oppure feriscono, offendono, allontanano. In Rete, spesso, l’aggressività domina tra tweet, post, status e stories. Potevo fare qualcosa per cambiare la situazione? Ne ho parlato con qualche amico e collega. Così sono nati l’associazione e il Manifesto.
Rosy Russo
Il Manifesto della comunicazione non ostile ed inclusiva è un decalogo ideato per migliorare lo stile e le abitudini di chi naviga in Internet. Si tratta di un impegno di responsabilità condivisa, con l’obiettivo di rendere gli utenti consapevoli, rispettosi e civili. Ecco le regole:
È possibile aggiungere la propria firma al documento, in modo da impegnarsi ad osservare, promuovere e diffondere i dieci principi ispiratori. Ad oggi l’hashtag #paroleostili ha raggiunto oltre 25milioni di persone e il Manifesto è stato tradotto in 26 lingue.
Secondo la rilevazione dell’Istituto di ricerca SWG, odio e falsità fanno parte del modo di comunicare dell’80% degli intervistati, dato in crescita del 14% rispetto al 2018. Soltanto il 22% del campione è ottimista sul fatto che le nuove generazioni adotteranno uno stile comunicativo più etico. Come ha osservato Rosy Russo, è in crescita l’hate speech verso omosessuali (+15%), migranti (+9%) ed ebrei (+12%).
Il tema sul quale si è sviluppata l’edizione 2020 del festival ha fatto leva sul secondo punto del Manifesto: “Si è ciò che si comunica”. Si è parlato di scuola, di chiesa, delle scelte comunicative di Papa Francesco, dello scarso dialogo tra politici e cittadini durante la pandemia. I principi del Manifesto, come dimostrano i temi trattati durante la rassegna, sono applicabili in tutti gli ambiti della vita civile. Dalla pubblica amministrazione, allo sport, alla scienza.
Ad oggi hanno sottoscritto il Manifesto 5 ministri e oltre 200 parlamentari. Non mancano grandi aziende che hanno deciso di aderire, nel rispetto dei consumatori:
Internet e omofilia: stare sempre con i propri simili non favorisce il confronto
Ma sono, soprattutto, gli utenti della Rete che dovrebbero fare propria l’etica della comunicazione. La cosa più difficile è relazionarsi con chi ha idee diverse. Sappiamo che gli algoritmi tendono ad avvicinare fra loro persone con la stessa opinione, gli stessi gusti, le stesse attitudini. Forse, anche per questo, non siamo più abituati ad un confronto vero. E quando qualcuno dissente dalle nostre idee, istintivamente reagiamo in modo scomposto.
Ognuno di noi è dentro una bolla
Si sviluppa, così, il fenomeno della “balcanizzazione della Rete”, espressione coniata da Eric Schmidt per indicare la nascita di una struttura frammentata e non democratica, dove prevalgono gruppi omogenei. Come scrive Zygmunt Bauman in “Vita tra reale e virtuale” (Egea, 2014):
Quando ci imbattiamo in una pagina web che esprime un’idea opposta alla nostra, che non ci piace o che non condividiamo, invece di pensare alle ragioni che hanno portato alla sua formulazione – indubbiamente ogni idea è frutto di un ragionamento – o invece di pensare a tesi e argomentazioni per affermare la nostra visione e confutare l’altra, ci limitiamo a passare alla pagina successiva. In sostanza, durante le sette ore e mezzo che trascorriamo quotidianamente su internet, potremmo non incontrare nessuno di diverso da noi.
Se il mondo online è per definizione unanime, quando stacchiamo il modem la situazione si fa radicalmente diversa, variegata ed eterogenea. Le persone si scontrano, hanno idee diverse e a volte incompatibili tra loro. Il mondo offline, per sua stessa natura, si basa sul conflitto.
Ricordiamoci, allora, che si può dissentire, senza offendere. Le parole sono importanti, ci promuovono o ci rimandano, svelano di noi più dell’abito che indossiamo e dei titoli che ostentiamo. Non sono forma, ma sostanza.