Eventi e Società
Ecco il nuovo linguaggio universale
21 Marzo 2017
Già nel 2014, il New York Magazine ha pubblicato una storia delle “emoji”. L’autore, Adam Sternbergh, le ha definite un “linguaggio alternativo alla scrittura” o “lingua senza parole.” Quelle che una volta erano semplici note frizzanti da apporre alle nostre frasi sono adesso una forma di comunicazione vera e propria.
Le emoji sono incredibilmente semplici da comprendere e permettono a due persone agli antipodi della terra di abbandonare la necessità di traduzione tra lingue e culture diverse. Dopo tutto, facilitare la comunicazione è esattamente il motivo per cui le emoji sono nate.
Ci affidiamo alle emoji per incarnare tutto, dalla nostra personalità ai nostri stili di vita e le credenze.
Come sono nate le emoji?
Era la metà degli anni ’90 e Shigetaka Kurita – il “padre della emoji” – stava lavorando per il fornitore di telefonia mobile giapponese NTT DoCoMo. Secondo la storia, il passaggio alla messaggistica digitale è stato particolarmente difficile in Giappone. Non certamente per problemi di tecnologia, ma piuttosto per un problema culturale insito nella tradizione nipponica. Le lettere cartacee erano tradizionalmente “lunghe e prolisse, piene di saluti e espressioni onorifiche che trasmettevano la buona volontà del mittente al destinatario”; così, quando c’è stato il passaggio alle e-mail, tutta questa profondità di espressione è stata persa.
“Abbiamo pensato che con le emoji avremmo almeno potuto trasmettere la nostra faccia” avrebbe detto Kurita.
Cosa sono le emoji oggi?
L’aggiunta di colore e di un contesto ai messaggi rimane il ruolo primario delle emoji, ma le utilizziamo spesso per altri scopi:
- per alleggerire l’atmosfera con il sarcasmo o umorismo
- per ammorbidire un colpo
- per trovare un modo “più comodo” per esprimere le nostre emozioni
- per comunicare quando siamo a corto di parole
Seguendo una logica evoluzione naturale, se pensiamo che una volta c’erano il punto esclamativo e lo smile testuale, adesso messaggi d’ogni genere dispongono di piccole immagini digitali – e immaginare la vita senza di loro sta diventando difficile.
Forse è per questo che teniamo così tanto ai vari tipi di emoji che appaiono sui nostri schermi. Quando Facebook ha introdotto una raccolta più diversificata di emoji lo scorso anno, tra cui le molteplici tonalità della pelle, i commenti rivelavano stati d’animo molto forti come eccitazione, frustrazione e rabbia. Emoji Nuove e ridisegnate dalla Apple, uscite in concomitanza con l’aggiornamento software iOS 10, avevano conquistato il web scatenando reazioni di qualsiasi tipo.
Ci affidiamo alle emoji per incarnare tutto, dalla nostra personalità ai nostri stili di vita e le credenze. Negli ultimi anni gli utenti hanno chiesto tantissime nuove emoji, tra le quali una bandiera arcobaleno e un hijab.
Quelle ci sono adesso bastano comunque per esprimersi in modo intuitivo nel 99,9% delle situazioni.
I brand imparano a parlare con le Emoji
Come spesso accade con le tendenze dei consumatori, la popolarità delle emoji (amate dal 64% delle persone secondo uno studio) ha ispirato molti brand che le hanno incluse nel loro linguaggio di marketing. Sembra che il 61% dei Millennials anziani siano “abbastanza” o “molto” interessati ad acquistare prodotti che riportano emojis caratteristiche sulla confezione.
Mentre da tempo hanno invaso tweet e post di Facebook, alcuni sono riusciti a portare l’utilizzo di questi simboli a nuove altezze. Taco Bell ad esempio ha lanciato, con successo, una petizione per la creazione di un emoji taco, mentre Chevrolet ha realizzato un comunicato stampa, composto quasi interamente di caratteri emoji. L’anno scorso, la Disney ha sviluppato un video di emoji a base di marca per promuovere Star Wars: Il Potere della Forza si risveglia.
Emojis personalizzate e Mobile Messaging
Per alcuni brand è facile gettare un paio di emoji in un post di social media, ma massimizzare il loro impatto spesso richiede uno sforzo maggiore. Pensiamo a Chick-fil-A, che l’anno scorso ha lanciato la tastiera Chick-fil-A. Invece di provare a cavarsela con emoji non pertinenti, la catena di ristoranti ha creato le sue emoji proprietarie – complete di panini al pollo, patatine fritte e waffle.
Il progetto è il risultato di una partnership con Swyft Media, che lavora con i principali creatori di applicazioni mobili per creare e distribuire emoji su misura attraverso la messaggistica mobile. Secondo Evan Wray, co-fondatore di Swyft media, Chick-fil-A ha collaborato con la sua agenzia perché voleva raggiungere i millennials attraverso un’esperienza di messaggistica mobile. La tastiera personalizzata consente agli utenti di condividere le emoji brandizzate da Chick-fil-A emoji e adesivi per applicazioni come WhatsApp, Kik, e Skype, oltre a messaggi di testo SMS.
Oltre arruolare i consumatori per diffondere contenuti di marca, che aiuta a mantenere le aziende come Chick-fil-A a restare rilavanti, il nuovo emoji-marketing può essere utile in eludere alcuni dei problemi che ostacolano la pubblicità digitale. Pensiamo alla crescente tendenza dei software ad-blocking.
C’è una chiara tendenza nei consumatori di allontanarsi dalla pubblicità in-your-face, ancora più evidente quando il marketing si rivolge ai millennials.
Cosa ci aspetta
Sembra che le emoji non abbiano finito di mostrare tutto il loro potenziale e guadagneranno più terreno ogni giorno che passa.
Potrebbe essere già il linguaggio universale del genere umano. Questo per la loro semplicità e possibilità, come altre forme di comunicazione visiva (pensiamo alle GIF) ,di trascendere lingue, le culture, e anche i confini.
C’è anche da dire che vediamo spesso i più strambi questi trend digitali e sociali salire e scendere lasciando il posto alla prossima cosa.
Se si considera però che innumerevoli consumatori sono disposti a pagare per simboletti che reffigurano Kim Kardashian, però, ci sono buone probabilità che, in un modo o nell’altro, le emoji siano qui per restare.