Comunicazione
Creator Economy e nuovi modelli editoriali
16 Ottobre 2021
Oggi siamo tutti potenziali creativi. Nel momento in cui diamo vita a un contenuto – sia esso un’opinione, un testo o un’immagine – sui nostri profili social e poi clicchiamo il tasto share/condividi, ecco che entriamo a far parte del grande universo user-generated content prodotto dal web. Questo fenomeno di condivisione rapida ha portato all’ascesa della cosiddetta creator economy, un nuovo introito economico generato dalla creazione di contenuti.
Con la definizione di creator economy ci si riferisce alla monetizzazione diffusa di contenuti creativi da parte di milioni di individui. Un modello di business in continua crescita reso possibile dai progressi della tecnologia e delle piattaforme di condivisione social. Secondo il report realizzato da Influencer Marketing Hub in collaborazione con NeoReach questa attività ha portato a investimenti sino a 800 milioni di dollari nel 2020, emergendo come industria leader nel mondo del business marketing.
Ma come si fa a entrare a far parte dell’economia dei contenuti? E, soprattutto, possiamo davvero essere tutti creatori digitali?
Creator economy: un modello di business
Fino a una decina di anni fa erano le testate giornalistiche a gestire il flusso dell’informazione attraverso una redazione di professionisti, ma negli ultimi tempi si è assistito all’avvento di un nuovo team di autori indipendenti (blogger, influencer, scrittori freelance) in grado di diffondere notizie e contenuti attraverso canali diversi. Il vantaggio di questi nuovi autori di contenuti era di potersi interfacciare direttamente con il pubblico attraverso le possibilità offerte da Instagram, Facebook, YouTube, Twitter. I progressi della tecnologia hanno permesso ai content creator che avevano costruito una solida audience di guadagnare attraverso la monetizzazione dei propri canali.
Una forma di democratizzazione dei contenuti
Il termine “creator” fu coniato nel 2011 proprio dalla celebre piattaforma video YouTube che voleva mostrare ai propri utenti che ciascuno di loro, in prima persona, poteva diventare protagonista e avere successo. Ci si avviava lentamente verso una forma di democratizzazione dei contenuti, oggi sempre più diffusa.
I social media hanno in seguito incentivato l’attività dei creators creando un’apposita sezione “Payments” che consente ai content creator di ricevere un pagamento da parte degli utenti per la visualizzazione di alcuni contenuti. Instagram sta per lanciare la nuova modalità “storie esclusive” per rendere alcune stories visibili solo agli utenti che sottoscrivono un abbonamento; mentre Twitter si è già attivato in questo senso lanciando l’opzione Super Follows. Nel mese di luglio 2021 Facebook ha messo a disposizione dei creator un fondo da 1 miliardo di dollari da distribuire ai migliori content creator entro il 2022. È la riprova che i social offrono una possibilità di guadagno certa e questo incentiva la tendenza alla content economy e il suo business.
Secondo l’analisi di SignalFire al momento l’economia dei creatori di contenuti conta oltre 50 milioni di utenti. Abbonamenti in cambio di servizi (podcast; newsletter; articoli). La fonte di guadagno dei content creator è la community, della quale stanno diventando i nuovi imprenditori.
Cosa fa un content creator
Nello specifico content creator non è sinonimo di influencer. Infatti, mentre l’influencer utilizza i propri canali social per dar vita a una relazione commerciale con le aziende, il content creator cerca attraverso l’uso dei canali digitali una propria modalità d’espressione sugli argomenti di suo interesse. Ne è un fulgido esempio Francesco Costa, vicedirettore de Il Post, che attraverso i propri contenuti Instagram ha dato vita a un progetto giornalistico multimediale sulla cultura e la politica degli Stati Uniti.
Tutti potremmo entrare a far parte della Creator economy
La definizione di content creator si apre quindi a una marea di possibilità, proprio perché si tratta di una professione nuova e dai contorni incerti. Potenzialmente ciascuno di noi può essere un content creator, è sufficiente avere uno smartphone e una connessione internet funzionante, creare contenuti interessanti e originali sulle piattaforme social e premere il tasto share. Definiscono la creator economy come “Passion Economy” non a caso; è una fonte di guadagno fondata essenzialmente sulla passione. Milioni di persone in tutto il mondo stanno guadagnando semplicemente grazie alla possibilità di condividere online il proprio hobby e i propri interessi.
Creator economy e crisi dell’editoria
La generazione Z sta crescendo in un ecosistema mediale caratterizzato da una pluralità di contenuti. Nel mondo digital editori e content creator sono messi sullo stesso piano, non c’è più alcuna differenza percepita tra loro: la legittimità è data dai lettori. Gli utenti più giovani, i cosiddetti nativi digitali di età compresa tra i 18 e i 24 anni, affermano di preferire i contenuti condivisi dai singoli content creator rispetto a quelli delle principali testate giornalistiche nazionali.
Ecco che scatta il campanello d’allarme. La creator economy si sta affermando come nuovo modello editoriale dinnanzi alla crisi dei contenuti informativi nei principali mercati europei.
Il futuro dei media tradizionali appare sempre più legato alla partnership con le piattaforme social che oggi sostengono il business dei content creator. Tra informazione e creator economy esiste un legame sottile, ma inestricabile.
L’Eco della Stampa si è adeguato da tempo a questa nuova realtà, sviluppando l’innovativa soluzione di social media monitoring dedicata alla reputazione digitale e all’analisi dei contenuti web. L’informazione oggi non può più considerarsi un mondo a parte, svincolato dalle logiche del digitale: proprio per questo motivo la content strategy è un utile strumento di aggiornamento, oltre che garanzia di informazione di qualità.
Forse per gli editori è giunto il momento di adattarsi alle logiche della nuova “economia dei contenuti” per non soccombere. Si tratta di un percorso in evoluzione, affascinante proprio perché imprevedibile, sicuramente destinato a stupirci in modi inaspettati. «Content is the King» diceva Bill Gates nel 1996, una frase che adesso ha il sentore di una profezia.