Innovation
Diritti e sostenibilità, il costo nascosto degli smartphone
31 Ottobre 2019
È l’Africa a pagare il prezzo più alto per gli smartphone che ormai il mondo intero utilizza per comunicare.
Sia all’origine, poiché è nella Repubblica Democratica del Congo che si trovano molte delle miniere di Coltan, minerale fondamentale per poter costruire le batterie dei dispositivi elettronici. Sia nel momento dello smaltimento.
Una delle più grandi discariche a cielo aperto del mondo si trova a Agbogbloshie, periferia di Accra capitale del Ghana e, qui, è pieno di smartphone europei.
Chi vorrebbe, però, rendere più etico e sostenibile il proprio stile di vita, che alternative ha?
Coltan, l’oro degli smartphone
“Coltan” è come viene comunemente chiamata una lega metallica di columbite e tantalite, una sabbia nera con frammenti luminosi che, fino a pochi anni fa aveva poco valore. Dal momento in cui pc, tablet e smartphone sono diventati strumenti di comunicazione di massa, ha assunto un ruolo fondamentale: il coltan infatti, è indispensabile per ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuovissima generazione.
I più grandi giacimenti di coltan, minerale di superficie, si trovano in Australia, Cina, Brasile, ma è nella Repubblica Democratica del Congo che, negli ultimi anni, si sta concentrando la raccolta e la primissima elaborazione. Si stima che l’80% del coltan mondiale provenga proprio da qui, il problema è che ciò ha un costo umano e sociale molto alto. Secondo l’ONU, infatti, sono 11 milioni i morti a causa di questo business: uomini, donne, bambini sfruttati dai signori della guerra che controllano i giacimenti e rivendono il coltan alle multinazionali. Gli uomini adulti guadagnano circa 3 o 4 dollari al giorno, donne e bambini meno di 2. Chi non raccoglie il coltan, viene lasciato indietro.
La RDC non è l’unico paese africano vittima di questo traffico pericoloso, molte altre regioni sono coinvolte in questa catena dannosa. Fermare il business del coltan è un’impresa impossibile, ma si può iniziare da piccoli accorgimenti, come la scelta di materiali “fair”, il riuso e il riciclo. Lo stesso ex Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha promosso nel 2010 l’applicazione del “Dodd-Frank Act” che obbligava le aziende statunitensi alla trasparenza rispetto alla filiera di produzione degli smartphone.
In seguito alle numerose denunce internazionali, anche le principali aziende internazionali si sono dotate di policy interne per garantire l’eticità e tracciabilità della filiera produttiva. Strumenti di controllo interi, per ora, ma che sottolineano l’interesse per il problema e, contemporaneamente, la presa di coscienza della gravità della situazione che si nasconde dietro agli strumenti che utilizziamo ogni giorno per comunicare.
Fairphone, lo smartphone etico e sostenibile
Dalla terra alla tasca, il viaggio di uno smartphone è pieno di pratiche inique. Crediamo che un’industria dell’elettronica più equosolidale sia possibile: cambiando le cose all’interno dell’industria, stiamo dando voce a coloro che hanno a cuore tutto ciò.
Questa la mission di Fairphone, l un’alternativa equa ed etica all’acquisto di un comune smartphone.
Nel 2019 è stato lanciato Fairphone 3, la terza generazione di cellulari prodotti rispettando l’ambiente e i diritti dei lavoratori. Un successo che si misura in numeri: oltre 100.000 i possessori di questo particolare telefono nel mondo, e circa 70 i dipendenti dell’azienda in 20 diversi paesi.
Fairphone rappresenta un network tra fornitori, comunità locali e l’industria elettronica nel suo complesso con l’obiettivo di seguire pratiche più eque, rispettare i diritti umani e mettere sul mercato un prodotto competitivo, ma complessivamente meno dannoso.
Le specifiche tecniche del Fairphone 3 sono in linea con i modelli proposti ora sul mercato nella fascia di prezzo media: sistema operativo Android 9.0, 64 GB di memoria interna estendibile, 4 GB di RAM, fotocamera posteriore da 12 MP, anteriore da 8 MP. Una delle differenze sta nella confezione: niente caricabatterie, cavo USB o cuffie incluse. Ciò per evitare di accumulare copie degli stessi accessori e, di conseguenza, aumentare i rifiuti elettronici nel mondo.
Le caratteristiche del Fairphone
Dal punto di vista della progettazione, il Fairphone è strutturato in maniera tale che sia possibile sostituire qualsiasi pezzo che si guasta con un’alternativa altrettanto sostenibile. Il design è modulare in maniera tale che, negli auspici dei progettisti, il telefono duri più a lungo riducendo l’impatto in termini di rifiuto. Il riciclo è incoraggiato anche attraverso il cashback, uno sconto sul nuovo telefono se il cliente decide di “rottamare” il vecchio smartphone.
Per poter garantire un equo compenso e condizioni di lavoro dignitose ai dipendenti, Fairphone si affida ad una vasta rete di partner che coinvolge ONG, ricercatori ed esperti di diritto del lavoro per poter proporre contratti rispettosi delle leggi internazionali e locali, puntando sulla soddisfazione di tutti coloro i quali partecipano alla filiera.
Critica è la questione della scelta dei materiali. Lo sforzo è quello di selezionare materiali di qualità, lavorati in maniera tale che non provochino un grave impatto ambientale né sulla salute del lavoratore e del consumatore. Un esempio virtuoso è quello dell’oro. Durante la fase di sperimentazione e lancio di Fairphone 2, l’impresa insieme ai partner AI&S, Valcambi e Fairtrade ha lanciato la prima filiera equa e solidale dell’oro. Un azzardo vincente che ha portato, quest’anno, ad alcuni importanti riconoscimenti in Uganda.
Come si comportano i grandi brand
Ma anche aziende del calibro di Apple e Samsung seguono standard di responsabilità sociale d’impresa rispetto a dipendenti e fornitori, e hanno attuato in questi anni alcuni programmi finalizzati a migliorare la sostenibilità sociale e ambientale della filiera produttiva dei loro smartphone.
Sul sito di Samsung, per esempio, si legge:
Samsung Electronics vieta l’utilizzo di minerali provenienti da aree di conflitto – inclusi tantalio, stagno, tungsteno e oro – estratti in maniera non etica nelle aree di 10 nazioni africane, inclusa la Repubblica Democratica del Congo. Per assicurare che i nostri fornitori aderiscano agli standard più alti, conduciamo esami approfonditi sui minerali utilizzati nei nostri prodotti.
Apple, che guida il Conflict Mineral Company Ranking (2017) realizzato da Enough Project, è andata ad indagare proprio la filiera di produzione per accertarsi del rispetto dell’ambiente, dei diritti umani e dei lavoratori.
Il programma Risk Readiness Assessment in questo senso si dimostra lungimirante ed efficace permettendo di identificare e segnalare i fornitori che non rispettano gli standard di estrazione e di rispetto della dignità dei lavoratori.