Comunicazione
Intervista a Luca Baiguini
29 Agosto 2019
Oggi diamo la parola a un esperto di relazioni e organizzazioni umane, processi lavorativi e gestione del tempo. No, non si tratta di uno psicologo ma di un professore della School of Management e MIP di Milano, Luca Baiguini.
Un docente che insegna a manager e imprenditori di ogni livello e settore a comunicare al meglio con il proprio staff, clienti, competitor e fornitori, razionalizzando tempi e costi.
Sei un esperto in tematiche come leadership, negoziazione dei conflitti e time management. Come si arriva a fare questo lavoro?
I percorsi possono essere i più vari. Non credo si possa generalizzare.
Io ci sono arrivato perché queste tematiche stanno alla confluenza tra il mio percorso di studi (sono un politologo) e la passione per la formazione, che mi abita da sempre. Non ho, quindi, un approccio derivante dallo studio delle dinamiche psicologiche, quanto piuttosto dall’analisi del potere, della sua misurazione, dalle dinamiche relazionali e di gruppo che ne scaturiscono. Arrivo, quindi, dal “lato oscuro della forza”…
Nella tua vita professionale incontri ogni giorno aziende appartenenti a svariati settori, ti scontri con realtà differenti e ruoli diversi. Eppure qualcosa mi dice che c’è una “logica” nelle dinamiche che si creano…
Non sono per le ricette preconfezionate, buone per tutte le occasioni. Però sì, credo che una logica ci sia. Del resto, il comportamento organizzativo (la disciplina di cui mi occupo) ha raggiunto ormai una certa maturità nel modellizzare le determinanti del comportamento umano e cercare di dare struttura ad un tema così fluido e magmatico.
Per dirla in breve: cerco di insegnare che, al di là di ogni forma di determinismo o di meccanicismo, certi tipi di comportamenti probabilmente produrranno certi tipi di effetti, e questi effetti sono in qualche modo prevedibili. Sottolineo il probabilmente.
La negoziazione è alla base dei gestioni dei conflitti, così come il passaggio da una mentalità basata sul problem solving ad una fondata sull’empowerment aziendale. Questi concetti fuoriescono dal tuo blog: come li spiegheresti ad un profano?
La negoziazione è, per definizione, uno dei modi per risolvere i conflitti. Non l’unico. Ha, però, una caratteristica che la differenzia dagli altri: la soluzione si genera all’interno della relazione tra le parti. Questo la rende un campo di studi molto interessante, ma anche un’attività fondamentale per molti dei ruoli che ci troviamo a ricoprire, dentro e fuori dalle organizzazioni.
Negoziazione, quindi, non come un sapere specialistico, ma come un’abilità diffusa.
In questo senso, il processo di soluzione dei problemi non può prescindere da quelle abilità relazionali che servono a costruire soluzioni condivise.
La leadership è un altro dei temi che affronti e insegni. È possibile, secondo te, trasformare qualcuno che è nato “follower” in un perfetto leader?
Anche qui, sono piuttosto scettico rispetto ad una certa retorica della leadership che sembra pagare un pegno ad una cultura organizzativa lontana dalle nostre migliori tradizioni e, mi verrebbe da dire, dalla nostra identità.
Io credo che, semplicemente, la leadership di possa definire come la capacità di creare consenso su progetti, idee e sulla figura stessa del leader. Se questo è vero, a nessuno si chiede di essere perfetto. Piuttosto, forse, di possedere una varietà di comportamenti a cui fare appello nelle diverse situazioni e l’appropriatezza di saper scegliere quelli più adatti.
Il cliché del leader o del decision maker un po’ stupidotto attorniato da valenti collaboratori fotografa la situazione di molte aziende oppure no?
Beh, insomma… non definirei stupida una persona che chiama attorno a sé collaboratori più intelligenti di lei.
Piuttosto, temo chi sa attorniarsi solo di conformisti e yes-men!
Detto questo, credo di essere piuttosto fortunato: nel mio lavoro mi capita per lo più di incontrare persone molto interessanti, fosse anche solo per un tratto che quasi tutti hanno in comune: la voglia di investire su se stessi, sulla conoscenza, sulle proprie capacità.
Compito, relazione, autonomia: quanto sono importanti questi concetti per l’efficace lavoro di un team, e perché?
Ho intitolato il mio ultimo libro “Compito e relazione” perché credo che queste siano le leve fondamentali di chi si trova, per scelta o necessità, a gestire un team:
1) leva del compito: la capacità di fissare e comunicare obiettivi funzionali rispetto alle esigenze del gruppo e, una volta definiti gli obiettivi, di allocare le risorse disponibili in modo da poter raggiungere il massimo risultato possibile con il minor dispendio di risorse;
2) leva della relazione: la capacità di leggere gli elementi rilevanti di un contesto, in modo da scegliere la struttura relazionale più adatta ad affrontarlo, e di comunicare in modo efficace questa struttura ai membri del team, in modo che questi ultimi sentano soddisfatti i loro bisogni relazionali.
Detto così sembra molto teorico. In realtà, le applicazioni sono concrete e, credo, rilevanti.
Per quanto riguarda la crescita dell’autonomia, secondo i miei modelli questa è il risultato della capacità del team manager di sviluppare non soltanto le capacità del suo team, ma anche la disponibilità all’azione. E qui si torna alla definizione di leadership come capacità di creare consenso.
Qual è il consiglio base che dai a tutti in merito di gestione del tempo?
Se me lo permetti, rispondo una citazione di uno dei miei maestri, il Cardinale Carlo Maria Martini:
“Abbiamo bisogno di tempi, di silenzio, di preghiera, perché soltanto così possiamo affrontare le responsabilità che ci vengono date. Per questo vi ricorderete che vi ho detto in molte occasioni: lavorare meno e lavorare meglio e riposarsi un po’ di più”.
Mi pare lui lo dicesse ai preti della sua diocesi. Ma vale anche per noi. Vedo troppe persone, a volte me compreso, “concitate” e “congestionate”. Ne risentono la qualità del lavoro e della vita. Aggiungo una cosa, però. Le librerie sono piene di manuali con “le 10 cose da fare per cambiare la tua vita e lavorare meglio”. Non so per gli altri, ma per me questo approccio non funziona. Quello del rapporto con il tempo è un tema che attraversa, in modi differenti, le fasi della vita personale e professionale di ciascuno di noi.
Quel che cerco di fare, quando mi capita di affrontare questo tema, è di condividere delle coordinate ed un linguaggio che consenta a ciascuno di “leggere i venti e le correnti”.
Per quanto riguarda la rotta e la velocità, ciascuno ha le proprie, ed è bello che sia così.
Da una persona come te, che ci si aspetta essere calma e perfettamente organizzata, ci si aspetta sempre trasgressione. Ora, senza voler scoprire i tuoi scheletri nell’armadio, in cosa sei meno rispettoso di precetti e teorie?
Vivo con tre donne (una moglie e due figlie), un cane femmina e tre tartarughe… femmine pure loro.
Ma, secondo te, posso essere rispettoso di “precetti e teorie”?
Diciamo che me la cavo come posso…