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Come migliorare il media monitoring con l’intelligenza artificiale (AI)
30 Ottobre 2017
Intelligenza artificiale: un mercato in evidente espansione
L’intelligenza artificiale non è più appannaggio esclusivo delle pellicole cinematografiche hollywoodiane fantascientifiche. Questo è un dato evidente ormai a tutti.
Dati empirici e alcune stime recenti su dati globali confermano la crescita esponenziale del mercato dell’artificial intelligence, detta anche “AI”. Secondo quanto riportato da Tractica, infatti, le entrate annuali nel settore cresceranno da circa 2 miliardi di dollari nel 2018 a 36.8 miliardi nel 2025.
A nessun settore economico conviene restare escluso da quest’ondata tecnologica, se si vogliono raggiungere importanti vantaggi competitivi.
Non per ultimo, il settore della Media Intelligence, che già utilizza determinati metodi statistici e sistemi informatici per monitorare stampa, web, social network, radio, televisione.
Come funziona l’intelligenza artificiale
Tra le varie potenzialità dell’intelligenza artificiale ricordiamo sicuramente il riconoscimento di immagini e suoni, la comprensione del linguaggio e la pianificazione. In pratica, le macchine svolgono le tipiche attività dell’intelligenza umana, con tempi e risultati sorprendenti.
Gli strumenti di cui si serve l’AI sono innumerevoli e variano a seconda della finalità preposta. Uno dei più diffusi è l’“apprendimento automatico”, meglio conosciuto come “Machine Learning”.
Si tratta di un sistema che consente agli algoritmi di imparare dai dati e fare previsioni in base a questi ultimi, sfruttando in modo particolare la disciplina della statistica. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, descriviamo di seguito i due modelli di apprendimento tipici del machine learning:
- “con supervisione didattica” (“Supervised machine learning”): l’algoritmo apprende come comportarsi grazie a dati già etichettati, quindi comincia a generare modelli. È un po’ come quando l’insegnante (umano) fornisce esempi allo studente (computer) su ciò che è giusto e sbagliato e corregge il lavoro svolto. Lo studente, così, apprende le regole generali di un argomento e applica quanto appreso per predire la risposta giusta ad una nuova domanda futura;
- “senza supervisione didattica” (“Unsupervised machine learning”): il computer viene alimentato con dati grezzi che non hanno etichetta. Il calcolatore deve quindi trovare i modelli da sé, senza alcuna assistenza umana. Una situazione simile si verifica se si vuole imparare una lingua straniera non con l’aiuto di un insegnante o vocabolario, bensì leggendo milioni di pagine di testo non tradotto.
Il machine learning nella media intelligence
In un’industria complessa come quella della media intelligence, diventa fondamentale applicare le tecnologie più avanzate per poter ottenere risultati accurati.
Ma quale approccio adottare? Se si automatizzasse completamente il sistema (con un machine learning non supervisionato), gli output risulterebbero senz’altro distorti, in un ambiente multi variegato come quello dei media. Ricordiamo infatti che gli aspetti ostici con cui il monitoraggio dei mezzi di comunicazione si confronta quotidianamente sono molteplici. Primo fra tutti, l’ingente mole di dati, che proviene dalle più svariate fonti, dalla stampa al web, dalla radio ai social network. Non dimentichiamo inoltre che gli aspetti da analizzare sono sia quantitativi (ad esempio il numero medio di lettori di una testata giornalistica) che qualitativi, come il sentiment dei commenti a un post su un social network. Senza contare, infine, l’influenza che un determinato articolo può avere sulla reputazione dell’azienda per la quale si sta effettuando il monitoraggio, nonché l’impatto sul ROI della stessa.
Ed è qui che diventa comprensibile quanto il ruolo dell’analista sia fondamentale e non sostituibile dalle macchine. Il lavoro interpretativo del lavoro umano si fa quindi complementare al ruolo tecnico e predittivo del machine learning.
Le funzioni imprescindibili del lavoro dell’analista assolvono ai seguenti fini:
- addestrare le macchine;
- cogliere il sarcasmo di determinate affermazioni (del giornalista, del blogger o di utente social);
- individuare e correggere fraintendimenti che la macchina non è in grado di interpretare;
- aggiornare costantemente il database con nuovi input relativi a nuove tendenze e nuove tematiche richieste dall’azienda cliente
Conviene perciò adottare nell’analisi dei media tradizionali e social media un sistema di intelligenza artificiale con apprendimento automatico supervisionato.
Predire il futuro è un’utopia?
Prevedere crisi di reputazione di un’azienda prima che esse si verifichino non è impossibile. La funzione che il machine learning supervisionato assolve è principalmente questa, cioè l’analisi predittiva. Non è fantascienza.
Attraverso il machine learning si è in grado di scoprire un problema di reputazione completamente inaspettato, e si è quindi in grado di combatterlo sul nascere. Tuttavia questo rappresenta ancora un grande limite nel settore. Infatti, se tante aziende avessero saputo sfruttare tale potenzialità, non avrebbero subìto la perdita di migliaia di clienti.
È quanto avvenuto ad aziende come Uber e United Airlines.
L’azienda di trasporto privato Uber non ha saputo fronteggiare la campagna di boicottaggio messa in atto lo scorso gennaio da numerosi utenti, con lo slogan #deleteuber. Motivo della protesta: il management risultava essere troppo allineato alla nuova Casa Bianca, a tal punto da decidere di non partecipare allo sciopero indetto dai tassisti di New York contro il provvedimento anti-immigrati di Donald Trump. Risultato: oltre duecentomila persone hanno cancellato la loro utenza Uber.
Situazione analoga si è verificata per United Airlines. La compagnia statunitense è stata boicottata da alcuni clienti per aver cacciato malamente alcuni passeggeri dai loro voli, per un problema di overbooking. La campagna #boycottunited, apparsa su Twitter a gennaio scorso, continua a produrre effetti negativi sul bilancio dell’azienda ancora oggi, a distanza di mesi.
È facile comprendere allora quanto la capacità di ricevere un avvertimento in modo tempestivo, grazie a sistemi tecnologi appropriati, può salvare da una catastrofe imminente.
Niente di tutto ciò sarebbe possibile senza l’apprendimento supervisionato e grandi database.
Scenari futuri per la media intelligence
Si stima che la vera e propria diffusione dell’intelligenza artificiale nel monitoraggio dei media avverrà entro i prossimi 20 anni. La tendenza nella media intelligence è quindi ben chiara.
Ci sono rischi per il futuro lavorativo dei media analyst? Certamente no. Il vero vantaggio competitivo è dato proprio dal saper combinare l’accuratezza ed efficienza della tecnologia con la capacità interpretativa e gestionale dell’uomo.
Allora, non “sostituzione”, bensì “approccio complementare”, sarà la parola chiave per il successo.