Comunicazione
CEO communication: cos’è e gli strumenti per gestirla
23 Maggio 2022
In una strategia di comunicazione aziendale efficace, negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più centrale quella che viene definita come CEO communication. Nello specifico si tratta di come un top manager di un’impresa deve impostare la propria comunicazione sia online che offline. Come altre branche, anche questa materia ha le sue regole e le sue linee guida da seguire, oltre a degli strumenti che ne permettono una valutazione continua. Primo tra tutti il servizio di media intelligence de L’Eco della Stampa, il cui utilizzo mirato e centrale verrà approfondito proprio nelle righe a seguire.
Ma facciamo un passo indietro, intorno a questo nuovo fenomeno stanno nascendo figure lavorative inedite. Un esempio emblematico è rappresentato da Volkswagen. La società automobilistica tedesca ha infatti assunto Michael Manske nel ruolo di Head of CEO Communications. Vale a dire come diretto responsabile della comunicazione aziendale del numero 1 del gruppo Herbert Diess.
Sembra quindi cambiare radicalmente il ruolo dell’Amministratore delegato. Questi, oltre a guidare e far rispettare la strategia aziendale, è chiamato anche a rispondere direttamente delle proprie azioni. Nello specifico i soggetti di cui ogni CEO deve tener conto fanno riferimento alle seguenti categorie: i dipendenti, gli stakeholder e i consumatori.
CEO communication: cos’è e perché è importante
In quello che mediaticamente a livello internazionale viene chiamato il fenomeno della “Great Resignation”, ad esempio, la figura del CEO ricopre un ruolo fondamentale. Di questo ne abbiamo già parlato nel blog dell’Eco della Stampa. L’occasione è stata l’intervista a Gianluca Comin e Gianluca Giansante autori del libro “Tu puoi cambiare il mondo”.
Nel saggio dedicato al personal branding, i due autori si sono soffermati sull’importanza del ruolo del CEO branding come centrale per la piena soddisfazione dei dipendenti. Nonostante si tratti di un aspetto che va oltre quelli primari, come il pagamento degli stipendi e dell’offerta di condizioni interessanti di lavoro, la rilevanza di una coincidenza di interessi tra impiegato e datore di lavoro è cresciuta notevolmente negli ultimi anni.
Per rimanere sempre nell’ambito della comunicazione interna, la cura della reputazione dell’Amministratore delegato diventa fondamentale anche per costruire un rapporto di fiducia e duraturo con gli stakeholder dell’impresa. Un aspetto questo spesso trascurato ma fondamentale per garantire una piena riuscita di tutti i processi aziendali.
Da CEO branding a CEO activism, ecco cosa cambia
Per quanto concerne la strategia di comunicazione da rivolgere all’esterno, diverse ricerche, tra cui quella realizzata da Weber Shandwick, mostra come la CEO communication condizioni in maniera rilevante la scelta dei consumatori. Secondo l’indagine condotta dalla società di consulenza newyorkese, infatti, il 40% delle persone è più propensa ad acquistare dei prodotti di una società che ne rispecchia i valori, con particolare riferimento alle comunicazioni pubbliche del top manager.
In altre parole, quindi, poiché l’azienda viene identificata con i suoi vertici, è fondamentale, a differenza del passato, prendere posizione sulle questioni sociali. Da parte del CEO ci si aspetta quindi un’opinione e un commento non solo per gli affari inerenti ai risultati aziendali. Diventa necessario intervenire anche per quelli che vengono percepiti come i problemi della comunità a livello sia locale che globale.
Per questo si è passati dal CEO branding al concetto di CEO activism. I top manager entrano quindi come protagonisti all’interno del dibattito pubblico, suscitando reazioni positive e negative da parte di un’audience sempre più ampia.
La scelta di non esprimere la propria visione rispetto a un tema di attualità, ancor di più se potenzialmente divisivo, non solo non protegge dal giudizio dell’opinione pubblica, ma anzi rischia di suscitare più facilmente un sentimento negativo.
Gli strumenti per un’efficace CEO communication
Come è facile immaginare, in questo contesto le sfide da affrontare sono più complesse che in precedenza. Motivo per cui diventa necessario dotarsi di strumenti per far fronte nel migliore dei modi ai rischi.
Uno di questi è la media intelligence. Rispetto ai servizi di monitoring che analizzano separatamente i diversi mezzi, tra cui il web, i social media, radio e TV, questa si differenzia offrendo ai fruitori un’analisi di dati aggregati e onnicomprensiva.
Questo permette di ridurre il rumore di fondo e di comprendere quali sono i topic su cui concentrarsi. Il team di comunicazione che assiste il CEO nella sua comunicazione pubblica può così rendersi conto quali sono le tendenze che emergono attorno a determinate problematiche.
Non solo. Attraverso la media intelligence è possibile comprendere il sentiment che un commento pubblico può generare nell’audience del web. Si tratta quindi di uno strumento necessario sia in una fase ex ante che ex post. Così da non lasciare disarmati rispetto a una questione considerata importante dalla collettività e da potenziali consumatori.
CEO communication: alcune linee guida generali
Oltre a questi tool, come il media intelligence appena accennato, esistono comunque alcuni consigli generali da seguire. Lo scopo è non incappare in qualche gaffe che potrebbe distruggere una reputazione costruita in anni.
L’aspetto da molti esperti considerato necessario è la costruzione di un team di comunicazione in grado di affiancare al meglio il CEO in tutte le fasi.
In questo modo, infatti, l’Amministratore delegato dell’azienda potrà essere consigliato al meglio su alcuni aspetti tecnici. Tra questi, ad esempio, il tono di voce da utilizzare e su quale social media pubblicare.
Soprattutto occorre rilasciare un messaggio chiaro, senza possibilità di equivoci, trasparente e coerente con i valori che si vogliono trasmettere tenendo conto dell’immagine della propria persona e dell’azienda che si rappresenta.