Comunicazione
Troppo bello per essere vero! Chirurgia estetica sempre più social
15 Aprile 2021
Giovane, bello, social. È questo l’identikit del paziente che siede davanti al chirurgo estetico. Secondo un’inchiesta del Corriere della Sera, oltre il 40 per cento degli interventi per migliorare l’aspetto fisico oggi viene effettuato su ragazze di età compresa fra i 18 e i 29 anni, tutte alla ricerca del selfie perfetto. La causa di questo trend sarebbe da attribuire, secondo i medici, all’uso smodato dei filtri che consentono di postare immagini impeccabili su Facebook e su Instagram, diffondendo un modello di bellezza non autentico, ma desiderabile.
Gli antenati delle piattaforme
Bisogna ammettere che l’uso della fotografia ha sempre rappresentato una strategia comunicativa vincente. Già agli albori del Novecento, le lettere degli emigrati che speravano di trovare il partner ideale nel nuovo mondo erano sempre corredate da un ritratto in bianco e nero. Chi voleva apparire bello, di solito spediva una foto scattata in gioventù, ingenuo stratagemma in grado di accentuare i pregi ed occultare i difetti.
La rivoluzione digitale
La nascita di Facebook ha offerto a tutti la possibilità di raccontarsi al mondo, anche attraverso la pubblicazione di una foto principale – l’immagine del profilo – e di una miriade di altri scatti, raccolti in appositi album. All’inizio molti utenti sono ricorsi ai fotografi professionisti per offrire al pubblico la migliore immagine possibile di loro stessi. In seguito, tutti hanno preso dimestichezza con i programmi di editing fotografico, intervenendo sempre più liberamente e pesantemente sui ritratti, fino a rendersi, in alcuni casi, irriconoscibili.
L’ossessione del selfie
Una ricerca dell’International Business Times ha attestato che il crescente ricorso alla chirurgia estetica da parte delle ragazze è una risposta all’ossessione dei selfie sui social media.
Il motivo è duplice: da un lato, Facebook ed Instagram funzionano come specchi, dall’altro consentono a chiunque di pubblicare commenti sotto le immagini, frasi che possono ferire e minare l’autostima.
“Oggi si parla di supervanità – spiega Christopher Khorsandi, chirurgo plastico a Las Vegas – l’interesse verso certi contenuti sui social è chiaro. Se una ragazza posta un testo ironico ottiene 10 like, se posta una foto sexy ne ottiene 300″.
L’equazione, allora, è semplice da risolvere. Chi vuole accrescere i followers, migliorare lo status ed ottenere più like deve migliorare la rappresentazione del proprio aspetto fisico. E l’asticella della bellezza si alza sempre di più.
Il chirurgo approda in Rete
Come possono gli studi medici intercettare e cavalcare il trend dettato dai social media? Entrando in Rete. Negli Stati Uniti gli specialisti sono corsi ai ripari da tempo, inserendo nei loro siti Internet, oltre all’indispensabile area social con galleria fotografica, un apposito settore interattivo in cui i pazienti possono sbizzarrirsi.
Sono tante le possibilità offerte per vincere la diffidenza ed affidarsi al chirurgo. In alcuni siti esiste anche l’area My Story dove ognuno può raccontare la propria esperienza e pubblicare selfie del prima e del dopo intervento.
La scelta etica di Lorenzetti
Anche in Italia, negli ultimi anni, gli specialisti hanno rafforzato la loro presenza sui social network. Tra i più noti, anche al pubblico televisivo, c’è Pietro Lorenzetti. Autore di libri di successo come “Il chirurgo dell’anima” (Baldini&Castoldi, 2011) ed “Intelligenza estetica” (Albatros, 2009), il professore si batte da sempre per il rispetto dell’etica necessaria anche in questa branca della medicina.
“Il corpo non è una macchina da lucidare e mostrare – sostiene lo specialista – ma un sistema complesso che va rispettato. Ciò che incide le carni lascia un segno nell’anima”.
Per Lorenzetti, la chirurgia estetica deve essere improntata alla ricerca della sobrietà e della naturalezza dei risultati. Ogni intervento, inoltre, deve essere eseguito in un ambiente sicuro dove operi personale qualificato.
“La comunicazione online – riconosce il professore – è diventata importante quanto quella tradizionale. Per questo, ho rinnovato il mio sito e ho iniziato ad essere presente personalmente nelle piazze virtuali che i miei pazienti frequentano”.
Il sito www.pietrolorenzetti.it è stato pensato per chi già conosce il mondo della chirurgia plastica, ma anche per chi voglia assumere informazioni. Per entrare in contatto con il professore – che opera a Roma, Milano, Catania, Palermo e Senigallia – basta compilare il form presente in tutte le pagine del sito. E non manca un numero verde. Ma Lorenzetti si trova anche su Facebook, Twitter, YouTube. Il professore non fornisce consulenze online e non si stanca di ripetere che la chirurgia è una cosa seria, da affrontare con coscienza e consapevolezza.
La lotta all’abusivismo
È ancora uno studio statunitense a mettere in guardia gli utenti di Facebook contro l’abusivismo. Secondo i ricercatori della Northwestern University, spesso, la professione del chirurgo estetico viene praticata da persone non abilitate. Soltanto il 17,8 per cento dei post diffusi su Facebook e su Instagram vengono pubblicati da specialisti riconosciuti, il 26,4 per cento da medici con altre specializzazioni, il 5,5 per cento da personale non medico. Nel 47 per cento dei casi, inoltre, si ha a che fare con operatori stranieri non meglio identificati.
In Italia lotta da tempo contro l’abusivismo Marco Castelli, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica di fama internazionale che opera da molti anni a Varese, Lugano e Bellinzona.
“Ad alimentare il fenomeno dell’abusivismo – spiega Castelli – è il desiderio sempre più estremo di migliorare la propria immagine, a qualunque costo”. Ed i social media, ma non solo, sono strumenti che incoraggiano persone senza scrupoli, magari senza laurea, ad offrire prestazioni a basso prezzo che mettono a repentaglio la salute e perfino la vita dei pazienti.
Il curriculum premia
Secondo i ricercatori americani, gli specialisti italiani dovrebbero essere più presenti sui social, per educare gli utenti e far capire quanto sia importante rivolgersi ai professionisti. Spetta, tuttavia, all’aspirante paziente il compito di informarsi. In Rete è facile, ormai, trovare i curricola di tutti. Da quello di Castelli, per esempio, si apprende che si è laureato nel 1988 a Pavia, con 110 e lode, discutendo una tesi sperimentale sugli aspetti psicologici della ricostruzione del seno nelle donne mutilate a causa del cancro. E che, dopo la specializzazione, il medico si è perfezionato a Rio de Janeiro, poi a Nizza ed a New York. Scegliendo uno specialista di questo calibro, si è certamente in ottime mani.