Comunicazione
Sindaci: come comunicare sui social network durante la pandemia
21 Novembre 2020
Dallo scorso febbraio i sindaci sono gli avamposti istituzionali dell’emergenza Coronavirus. Sono gli ufficiali di collegamento fra Governo, Regioni e cittadini. Acquisiscono le disposizioni inserite nei DPCM e nelle Ordinanze regionali e si adoperano sui territori affinché vengano rispettate. Non si tratta di una semplice attività amministrativa, né tanto meno di mero controllo del territorio da esercitare con sanzioni, pattuglie e posti di blocco.
Per alleggerire la pressione sul sistema sanitario nazionale ed arginare la diffusione della pandemia, le misure di protezione imposte dal Governo hanno alterato la normalità a cui eravamo abituati. La passeggiata in centro, le attività commerciali e produttive aperte, il caffè al bar, la corsetta al parco o l’autobus delle 9 di mattina. La liturgica conta dei nuovi casi e la confusione generata dai media, che nella rincorsa all’aggiornamento in esclusiva finiscono per sovrapporre indiscrezioni e fatti accertati, contribuiscono a creare un clima di paura, rabbia ed incertezza dal potenziale altamente esplosivo. Tante instabili pentole a pressione, una per ogni comune, con i sindaci costretti a premere con forza sul coperchio per evitare la deflagrazione di una bomba sociale. Una forza soprattutto umana.
Nella fase storica delle distanze i sindaci devono, perciò, ritagliarsi nuove forme di vicinanza. Possono presidiare i canali digitali per alleggerire lo stress emotivo delle persone e, al tempo stesso, appellarsi al loro più alto senso di responsabilità. Non si tratta, semplicemente, di aggiornare la popolazione sull’avanzamento dell’epidemia entro i propri confini comunali, mostrarsi commossi di fronte a piazze vuote o inveire in maniera colorita contro chi non rispetta le minime misure di contenimento del contagio, bensì mettere a fuoco l’emergenza ed aiutare i cittadini a comprendere appieno le priorità. Vediamo come.
Semplificare
Primo punto: dirimere la confusione e l’incertezza causata dal continuo sovrapporsi di divieti, raccomandazioni e interpretazioni contrastanti. Le misure di contenimento inserite nei DPCM riguardano tutto il territorio nazionale. Devono contemplare ogni fattispecie: riscrivere abitudini personali e collettive, chiudere o limitare attività produttive e commerciali, normare l’accesso in sicurezza ai servizi di base. Un esercizio di scrittura burocratica che può sfociare in testi colmi di ambiguità semantiche e lessicali per chi deve rispettare, e far rispettare, quelle regole.
Nella sua comunicazione social il sindaco può fare ordine, dare maggior rilievo alle misure che impattano direttamente sulla vita del proprio comune, fornire esempi concreti degli effetti delle disposizioni governative. Senza dimenticare di adottare un linguaggio più vicino alle persone per fuggire dalle trappole del legalese e farsi capire.
Mantenere il contatto costante
È l’assenza di certezze a mettere in crisi le comunità. Le fa sentire insicure, come protette da porte cigolanti a cui basta poco per essere abbattute. In queste condizioni anche uno spiffero, una voce incontrollata, una fake news possono seminare il panico.
Il presidio dei canali social da parte di una voce autorevole ed istituzionale serve a tamponare sul nascere la diffusione di dicerie e notizie prive di fondamento. Il silenzio prolungato del primo cittadino, infatti, è uno spazio aperto troppo ghiotto per chi vuole coltivare paure o approfittare del senso di straniamento collettivo per destabilizzare la comunità.
Programmare una piccola finestra quotidiana, dove aggiornare la cittadinanza su quanto viene fatto per salvaguardare la sicurezza sanitaria delle persone, aiuta il sindaco a rasserenare gli animi e a trasmettere l’idea di una situazione complessa, sì, ma sotto controllo. L’importante è saper dosare la frequenza e la modalità di aggiornamento, senza esagerare nel presenzialismo e nel protagonismo.
Contestualizzare
30.000 casi al giorno in Italia possono impressionare. Nulla però suggestiona come 100 persone positive al tampone nel proprio Comune. Un senso di asfissia, di minaccia incombente, che annebbia pericolosamente lo spirito critico e può sfociare in una generalizzata percezione di mancanza di controllo della situazione da parte delle autorità locali.
Parliamo, però, di un’infezione respiratoria dalle modalità di trasmissione abbastanza semplici. Neppure una serrata generalizzata come quella di marzo riuscirebbe ad inibire completamente la circolazione del virus.
Quando i sindaci raccontano sui social l’avanzamento dei contagi nel proprio Comune, possono inquadrare la situazione in un contesto territoriale più ampio. Non si tratta, ovviamente, di cercare un vantaggio da contesti limitrofi maggiormente in difficoltà, bensì fornire un quadro di riferimento per aiutare le persone a comprendere l’evoluzione del fenomeno su scala più ampia.
Umanizzare
Persone, non sfere di un pallottoliere. Il dato nazionale traccia la diffusione del contagio senza tener conto che quel tampone positivo in più è del salumiere che troviamo sotto casa, del signore che porta il cane a spasso o della dottoressa del quartiere.
Nei contesti locali il volto anonimo dei numeri induce ad un’irrispettosa caccia all’untore. Un misto di istinto all’autoconservazione e voyeurismo, una zona franca dove sembra lecito rinunciare al diritto alla privacy e al rispetto delle difficoltà altrui. Un tema fondamentale soprattutto nei Comuni più piccoli, dove è più labile il confine fra diritto di essere informati e dovere di non trattare ogni fatto altrui come pettegolezzo.
I sindaci possono usare i canali social per ricordare al proprio pubblico che dietro ogni nuovo caso c’è il disagio di una famiglia posta in isolamento fiduciario, l’ansia dei contatti stretti per l’attesa dei risultati dei test e l’incubo di un’infausta evoluzione dell’infezione vissuto dalla persona risultata positiva. Prevenire la diffusione dello stigma sociale verso le persone contagiate in favore di un più costruttivo spirito di comunità. Perché andrà tutto bene solo se saremo uniti nella distanza.