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Immuni: l’ingegnere informatico Christian Sisti fa chiarezza
11 Giugno 2020
L’applicazione italiana di contact tracing ha raggiunto due milioni di download, nonostante non si possa attivare su tutti gli smartphone. Sullo store di Google, come se non bastasse, si è verificato anche un curioso caso di misunderstanding. Molti utenti, inserendo “Immuni” nella ricerca, hanno scaricato per errore Immune System, un’app in inglese che insegna come funziona il sistema immunitario. Pensando si trattasse dell’applicazione anti-Coronavirus, parecchie persone hanno addirittura protestato, lasciando recensioni negative per il fatto che non ci fosse una versione in lingua italiana del servizio.
Per capire il funzionamento e l’utilità di Immuni, abbiamo intervistato Christian Sisti, 37 anni, ingegnere informatico che vive e lavora a Barcellona, nell’azienda inglese Ocado Technology. Laureato all’Università di Pisa, Sisti è stato ricercatore al CNR, nel campo della human computer interaction. Nel 2011 è volato a Londra, dove ha assunto il ruolo di software developer presso Ocado Ltd, occupandosi di backend in relazione alle applicazioni mobile. Oggi Christian è engineering manager e responsabile del dipartimento di sviluppo delle applicazioni Android e iOS per la Ocado Smart Platform, una piattaforma globale che opera efficientemente nei supermercati online.
Intanto, hai scaricato Immuni?
“Sì, ho scaricato la versione iOS appena è diventata disponibile. Seguivo da tempo le notizie al riguardo ed ero molto curioso di valutarla in prima persona. Purtroppo, al momento, funziona soltanto sul territorio italiano, ma in futuro potrebbe esserci la possibilità di integrarla con applicazioni simili sviluppate da altri Paesi. Sono fiducioso!”.
Pregi e difetti dell’applicazione. Tu l’avresti progettata così?
“Da un lato, Immuni si presenta bene. La user interface design è moderna ed intuitiva. L’app si basa sulle exposure notification API, una tecnologia sviluppata in combinazione da Apple e Google proprio per far fronte all’emergenza Covid-19. Questa scelta mette la privacy al sicuro. Tutti i dati salvati o invitati vengono crittografati e nessuno relativo a identità, posizione o dispositivo viene raccolto. Si basa, inoltre, su Bluetooth Low Energy e questo permette di minimizzare il consumo energetico”.
Un punto debole?
“Qualche criticità c’è. Ad esempio, un utente potrebbe inavvertitamente disattivare il bluetooth del telefono, rendendo Immuni inefficace. Una tempestiva notifica potrebbe ridurre questo rischio. Se l’applicazione venisse disinstallata o il telefono sostituito, poi, il codice univoco necessario per ricevere gli avvisi si perderebbe e i dati collezionati fino a quel punto risulterebbero inutili. Infine, non è compatibile con tutti i modelli di smartphone, a causa delle limitazioni imposte dalla Exposure Notification API stesso”.
Da ingegnere informatico, come consideri il codice sorgente? Ben strutturato o vulnerabile?
“Difficile dare un giudizio obiettivo senza un’attenta analisi del codice di ogni singola applicazione (iOS, Android e Backend), cosa che richiederebbe tempo. Stiamo parlando di una combinazione di diverse tecnologie che richiedono differenti livelli di specializzazione. Da un rapido screening, mi sono accorto che il team di sviluppo ha scelto recenti linguaggi di programmazione, come Kotlin e Swift.
Ho potuto notare la presenza di una sufficiente copertura dei test automatici che includono anche la user interface. Il codice è ben navigabile, si vede che è stato scritto da professionisti. La documentazione è attenta e completa, rendendo più semplice il lavoro di altri sviluppatori che vogliano avvicinarsi al progetto. L’esistenza o meno di vulnerabilità dovrebbe essere, invece, esaminata da specialisti in penetration testing.
Purtroppo, da un punto di vista della qualità dei dati raccolti, il fatto che l’app non tenga traccia dell’identità dell’utente rende più facile per un malintenzionato inquinare i dati. Questo è il costo della privacy. Il mio consiglio è quello di tenere Immuni sempre aggiornata alla versione più recente, essendo in costante sviluppo, al fine di apportare migliorie”.
Centinaia di migliaia di persone la stanno scaricando, diventando parte attiva di una rete di cittadini che, in qualche modo, protegge loro stessi e gli altri. Pensi che la tecnologia possa renderci più responsabili?
“Ad oggi si parla di milioni di persone che già hanno Immuni. Credo che la tecnologia possa aiutare a mettere nelle mani di tutti la conoscenza. A quel punto, non ci sarebbero più scusanti per non fare la nostra parte per il nostro bene e della comunità. È importante considerare che l’efficacia di questa applicazione dipende fortemente dalla quantità di persone che la utilizzano. Maggiore è il numero di utenti attivi e maggiore sarà l’impatto potenziale nel controllo del Coronavirus. Alle persone a cui viene notificato di essere stato in contatto con qualcuno colpito da Covid-19 viene raccomandato di mettersi in auto-quarantena. Sarebbe bello se il Governo potesse garantire il tampone a tutte queste persone. Questo sarebbe uno stimolo ulteriore all’utilizzo stesso di Immuni”.
Qual è la fine dei dati raccolti?
“I dati raccolti vengono immagazzinati in banche dati gestiti dal Governo italiano, con due scopi: quello di provvedere al servizio, ovvero informare gli utenti nel caso in cui siano entrati in contatto con persone Covid-19 positive. E quello di fare analisi a scopo di ricerca. Ad esempio, i dati potrebbero essere usati per stimare il numero di positivi per provincia. Vale la pena ribadire che, in ogni caso, le informazioni raccolte verranno cancellate il 31 dicembre 2020”.
Il tuo lavoro in Ocado Technology, tra intelligenza artificiale e concorrenza.
“Ocado Technology è una realtà in forte espansione nel panorama mondiale che ha lo scopo di trasformare il modo di fare la spesa online, consentendo a grandi catene di supermercati ed ipermercati di effettuare le operazioni in modo redditizio, scalabile e sostenibile. Ocado si occupa di tutto lo stack, dalla robotica dei magazzini ai servizi di instradamento dei furgoni, dalla intercettazione delle frodi sino alle piattaforme di e-commerce”.
Sei stato un cervello in fuga. Prevedi, un giorno, di tornare in Italia?
“Non è stato facile lasciare l’Italia, la famiglia e gli amici, ma a fronte dell’esperienza di tanti prima di me che hanno valutato di restare, ho deciso di prendere il coraggio a due mani e giocarmi tutte le carte. Al momento, sono molto felice a Barcellona. La città è accogliente, il clima ottimo e c’è il mare! Al tempo stesso, il tessuto informatico si sta espandendo considerevolmente, rendendo la città ancora più interessante dal punto di vista lavorativo. Se prevedo di tornare in Italia? Me lo sono chiesto tante volte, per ora il panorama italiano non ha molto da offrirmi, specie nei luoghi che amo. Un domani, chissà!”.