Comunicazione
E la pubblicità “prende le distanze”
10 Aprile 2020
Molti se ne saranno accorti. Altri, distrattamente, lo scopriranno facendo acquisti. La pubblicità è cambiata. L’emergenza Coronavirus non ha mai fermato il lavoro dei creativi, costringendoli, anzi, a fare le ore piccole per inventare slogan e loghi a misura di autoisolamento.
Come cambia il contenuto
In Italia, ha inaugurato il nuovo corso Barilla. Se prima basava i suoi messaggi sulla famiglia e sulla convivialità, oggi l’azienda del settore alimentare si rivolge ai consumatori, esprimendo la propria vicinanza all’Italia che resiste. Realizzato dall’agenzia Publicis, il nuovo spot è in onda da domenica 5 aprile: sulle note riarrangiate per orchestra di Vangelis e la voce narrante di Sophia Loren, scorrono immagini di luoghi e volti del nostro Bel Paese.
Sulla carta stampata, invece, Barilla ha pubblicato un lungo elenco con i nomi dei dipendenti che, nonostante l’epidemia, continuano a lavorare per assicurare la produzione. Un ringraziamento pubblico va a loro.
Anche Parmigiano Reggiano, nel nuovo spot ideato da Casiraghi Greco&, invita i telespettatori a restare a casa e, soprattutto, a non fare scorte nei supermercati, perché l’azienda è in grado di rifornire il Paese ogni giorno.
Come cambia la componente grafica
I loghi hanno seguito la stessa sorte dei messaggi pubblicitari. Le aziende automobilistiche Audi e Volkswagen, come il colosso McDonald’s e il brand di abbigliamento sportivo Kappa, hanno adattato le loro immagini all’emergenza in corso. Ecco come appaiono in questo periodo:
Medesima scelta hanno compiuto CocaCola, Ferrero e Chiquita. Quest’ultima ha pubblicato sul proprio canale ufficiale Instagram una versione del logo senza la sua celebre mascotte, Miss Chiquita. Il testo della didascalia recita così: “Io sono già a casa. Per favore fate lo stesso anche voi e proteggetevi. #stayhome”.
Secondo Mauro Ferraresi, sociologo e professore dell’Università IULM, la pubblicità è sempre stata uno specchio distorto della società. Generalmente, infatti, gli spot raccontano soltanto una parte di mondo: quella più felice, che consuma, che è entusiasta delle novità. Per fare questo, l’advertising utilizza una gamma di sentimenti euforici, che esprimono il nostro stare bene nella società dei consumi.
Questa volta, invece – sempre citando il pensiero dello studioso Ferraresi – per essere credibili e vicini ai consumatori, i brand hanno dovuto modificare i messaggi: se questi ultimi non fossero stati al passo con i tempi, sarebbero risultati grotteschi e lontani dalla contemporaneità, dunque inefficaci.